Chef di lunga carriera e ambasciatore in Italia della cucina francese con il suo ristorante Da Candida, ci vuole raccontare come mai ha deciso d’intraprendere questa carriera?
Figlio di un macellaio e venditore di bestiame, poco più che quattordicenne non sapevo ancora bene - dopo le medie - quale sarebbe stata la mia vocazione. Un giorno, a tavola, il mio fratellino Philippe, il minore di una famiglia di sette figli, ha pronunciato la parola “cuoco”. A partire dal quel momento, mi sono informato sul percorso didattico, scoprendo che - nella zona est della Francia, dove abitavo - c’erano parecchie scuole alberghiere, tra cui Strasburgo: una delle migliori di Francia. Essendoci – però – un severo test d’ingresso ho optato per un altro istituto quello di Contrexéville, una ridente stazione termale ad un centinaio di chilometri da casa mia. Appena ricevuto il nullaosta, ho voluto comunque tentare l’ingresso a quella di Strasburgo… dopo due settimane ricevetti un fax che confermava la mia accettazione. Dopo solo una settimana di frequentazione, mi fu chiaro l’obiettivo della mia vita: aprire un ristorante tutto mio!
Quali sono stati i suoi percorsi più significativi?
Scuola Alberghiera di Strasburgo.
Palazzo del Governatore Militare della sesta regione Militare di Francia, che raggruppava allora circa 2/3 degli uomini dell’Armata Francese. In seguito, al servizio del General Langlois e poi Biard. Preparazione militare paracadutisti durante l’ultimo anno di scuola a Strasburgo, con il rischio di essere espulso qualora il preside fosse venuto a conoscenza…. Questo – tuttavia - non mi ha impedito di studiare approfonditamente. Volevo fare un’esperienza di vita.
Ristorante Schillinger a Colmar 1 stella.
Oltre quattro anni presso la Compagnie Paquet di Crociera: l’ultima in Francia sull’ammiraglia delle navi della compagnia, il Mermoz. In questo periodo, avendo tante ferie pagate, ho approfittato per fare tanti stage in cucina in Francia, Svizzera ed Inghilterra.
Poi c’è stata la bellissima esperienza della Hilton Orly Parigi, benché fossi pagato tre volte meno che sulle navi. Sono stato un anno e mezzo primo maître d’hotel del ristorante La Louisiane, poi direttore conferenze e banqueting. Lì per tre anni ho abbandonato la cucina, hélas!
Devo anche riconoscere – però – che sono stato l’unico dei dipendenti, a fare - ogni anno - 15 giorni presso il centro di formazione Hilton Europa, Nord Africa e Medio Oriente.
Dopodiché è sopraggiunta la decisione di aprire a Trento il ristorante Orso Grigio, ma questa è un’altra storia…
Quali sono i motivi che l’hanno spinta ad investire il suo talento in Italia, prima a Trento e poi a Campione?
In Francia, cercavo un locale per aprire - finalmente – il MIO ristorante. Mi è stato proposta la gestione dell’Orso Grigio di Trento, invito che inizialmente ho declinato, ma dopo quattro mesi l’offerta mi è stata rilanciata e – a questo – punto ho accettato. Trento è una città bellissima (tra l’altro, a 40 km da Rallo, il paese di mia moglie Adriana) e fare un ristorante francese in quel contesto mi sembrava una buona idea.
Non è stato proprio facile inizialmente, ma il tempo mi ha dato ragione…
Dopo 7 anni, però, cominciavo a sentirmi un po’ “stretto” e un giorno sul giornale l’Hôtellerie (a cui sono tuttora abbonato) ho letto un annuncio: “vendesi piccolo ristorante con stanze a Campione d’Italia”. Da lì è partito il mio interesse, sebbene non sia stato facile convincere la famiglia a trasferirsi.
Da qualche tempo preferisce durante il servizio stare in sala a contatto con il cliente, affiancato - ai fornelli - da un giovane chef di talento: ci vuole raccontare qualcosa di lui?
All’inizio, in sala, c’era mia moglie Adriana, ma poi l’impegno dei figli da crescere ha fatto sì che fossi io – direttamente - ad occuparmene, ma non vi dico lo stress: prendere la comanda, correre ai fornelli, seguire i clienti con la scelta del vino (a Trento ho frequentato il primo e il secondo corso dei sommelier; non sono riuscito a fare l’ultimo per via dei miei impegni al ristorante).
Uno dei miei pensieri è quindi stato, “cosa vuole dire chef-patron?”
Significa essere cuoco, pasticciere, lavapiatti, contabile, maître, sommelier, addetto marketing e – soprattutto – far quadrare i conti! Oggi mi avvalgo della collaborazione di Giovanni Croce, il mio braccio destra, che aveva già lavorato con noi più di 8 anni fa e che – dopo un’esperienza in Francia – è ritornato in forza da noi.
Qual è il contributo apportato dallo chef Giovanni alle varie proposte?
Giovanni Croce contribuisce fattivamente al bene e alla crescita del locale. In considerazione della situazione difficile in cui versa Campione d’Italia – anche in seguito alla chiusura del più grande casinò d’Europa – la cifra d’affari del ristorante rischiava di abbassarsi notevolmente. Con Giovanni siamo riusciti a salvaguardare, se non addirittura aumentare, il livello gastronomico.
Campione d’Italia è una piccola località italiana in territorio svizzero, quali difficoltà si incontrano e quali opportunità si aprono per questa particolare condizione?
Le difficoltà sono tantissime! Prima di tutto dobbiamo convivere con la Svizzera: la merce – per la maggior parte – proviene da lì. Questo significa che è tutto più caro, anche perché molte ditte non si fidano più di Campione ed obbligano a pagamenti cash della merce. Ciononostante, riusciamo ancora a fare una ristorazione dal buon rapporto qualità/prezzo: il mio credo.
A questo proposito ho sempre pensato che tutti avessero diritto di mangiare bene, sia il cliente che arriva al ristorante con la 500 Fiat sia quello a bordo di una Bentley. Anche se soffriamo l’attuale situazione della località, io sono convito che questo sia il più bel paese del Lago di Lugano e che abbia ancora un grosso potenziale, anche come destinazione turistica, in virtù di un valoroso passato storico, dei suoi musei e della sua storia.
Ed ora parliamo del prossimo futuro, qualche progetto particolare?
Per me Da Candida, grazie anche al Foie Gras Royal Fournier, non è solo una delle mie passioni, ma rappresenta ancora il futuro. Anzi, un Grande Futuro! A cui si aggiunge il sogno di poter vedere un giorno Campione d’Italia annoverato alla stregua di una piccola Monte-Carlo.