Food Sapiens 2 minuti 06 maggio 2020

Accursio Craparo – Chef di Accursio Ristorante, Modica

Abituati a vivere a ritmi serrati e a servire numerosi ospiti, ora anche gli chef si ritrovano tra le mura domestiche a cucinare – quasi esclusivamente – per i loro cari.

Qui di seguito, qualche riflessione dello chef Accursio Craparo e la sua personale strategia…


Da giorni lontano dalla cucina del mio ristorante, anche a me è stato restituito (per non dire imposto) quel tempo lungo e lento, necessario per pensare, riflettere, progettare e sperimentare. Naturalmente, il primo pensiero è inevitabilmente andato a quanto è successo e a quanto sta ancora succedendo: a questo virus che, come un nemico tanto pericoloso quanto invisibile, ci ha messo in scacco. Impreparati, senza bussola e risposte. E se nella mia Sicilia non si sono registrati i drammi, i lutti e le tragedie che hanno attraversato le regioni del nord Italia, la paura e il senso di precarietà si sono respirati e ancora si respirano anche qui. Soprattutto riguardo al dopo-emergenza, al domani e al futuro.
Così, accanto a questi pensieri, si sono fatte strada in me molte altre riflessioni. Accompagnate da qualche preoccupazione.

Ho compreso - per esempio - quanto sia importante star bene, quanto sia cruciale il respiro, quanto non sia scontata la salute. Un tema fondamentale per chi come me per mestiere e per passione dà da mangiare alla gente. Un tema che non potrà, credo, non avere un peso specifico nell'agenda che tutti oggi siamo chiamati ad organizzare, per poter ripartire insieme domani. Avere a cuore la salute mia e degli altri, però, significa anche aver a cuore quella dell'ambiente in cui vivo, delle persone che mi circondano, della gente con cui ho creato - grazie al cibo e alla cucina - relazioni profonde e autentiche.
Sì, se c'è una cosa buona da apprendere in tutto questo sconquasso, mi piace pensare sia questa: quando sarà possibile - e non vediamo l'ora! - ripartire, credo lo si debba fare reimpostando la scala dei valori e delle priorità. Questo virus ci ha costretto, nella sofferenza e nostro malgrado, ad ammettere che è arrivato il momento di pensare alle cose necessarie, di spendere il nostro tempo per le cose di valore; coltivare in modo diverso - più profondo e umano - i rapporti con gli altri e il rispetto nei confronti di quel tutto, di cui siamo solo piccoli “ingredienti”. L'emergenza ci ha mostrato, anche limitando le nostre libertà, che possiamo e dobbiamo smetterla di correre, che possiamo fare a meno del superfluo e di tutte quelle cose che danno frutti effimeri, di tutte quelle cose che abbiamo sempre considerato, erroneamente, più importanti del nostro star bene, in armonia con gli altri e la natura. Ci ha spinto a comprendere che rallentare, oggi, per ripartire domani è salutare oltre che necessario; che la "distanza sociale" tra le persone può essere superata, anche esercitando una distanza temporale tra le cose (sempre troppe) che facciamo.
Mi verrebbe da aggiungere, che come il virus contagia e mette in pericolo il mondo, così anche lo star bene deve tornare a essere un valore trasmissibile, collettivo, naturale. Contagioso, come un sorriso, come è contagiosa la festa che si celebra ogni volta che ci si siede a tavola, a casa o al ristorante.
A proposito del ristorante. Anche qui sarebbe stupido negare le mie preoccupazioni. Ma se il ristorante è la mia vita, se far star bene le persone con il cibo è la mia missione (ed è la cosa che so fare meglio), non posso non pensare, con ottimismo, che anche stavolta, pur in un momento di caos e incertezze, troverò la via per costruire un cammino e dargli una direzione. Un cammino più lento, all'inizio, come è successo all'inizio del mio percorso di chef. Un cammino fatto passo dopo passo, che prenderà forma strada facendo. E poiché la strada sarà lunga e in salita, so che non servirà l'accelerazione del velocista, ma il passo lungo del mezzofondista.

Il nuovo menu di Accursio Ristorante - così come quello di Radici, la nostra Osteria - era già pronto e con un'intensa carica di innovazione. Ma questi giorni ci stanno dando nuove idee, perché la cucina è un pensiero vivo che si nutre del presente. Le stiamo sperimentando con la calma e la pazienza che questo strano tempo - nonostante tutto - ci porta in dono.
Riflettiamo a lungo, ovviamente, anche sull’elaborazione di nuove strategie per il futuro.
L'ho sempre fatto e guai se non lo facessi anche adesso!
Ma è stato soprattutto il riscoprire gli “ingredienti umani” che ha dato senso e pienezza a questo tempo vuoto.
A cominciare dagli affetti famigliari: giocare con i miei bimbi, confrontarmi con il loro mondo e con i loro compiti di scuola, sfidarli ai fornelli... è stato per me utile, salutare, bello. Perché anche grazie alla loro solidarietà spontanea, al loro entusiasmo istintivo ho coinvolto alcuni colleghi cuochi modicani in un'iniziativa per la domenica di Pasqua.
Abbiamo cucinato per i medici e gli infermieri dell'Ospedale Maggiore di Modica, che è il centro per la cura dei pazienti Covid-19 per tutta la provincia di Ragusa.

Un modo per dire grazie ai veri eroi di questi tempi difficili. Una maniera anche questa di immaginare il cambiamento a cui saremo chiamati quando il Coronavirus sarà un pericolo scampato e tutti noi potremo tornare a stare insieme. Un modo per immaginare un altro modo di lavorare, nel segno del rispetto dei tempi, della solidarietà, nonché di una rinnovata etica.
Un modo, insomma, per raccogliere la sfida del futuro e allenarsi per vincerla. Insieme!

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