Sostenibilità 4 minuti 02 maggio 2022

L’Auberge du Père Bise, Talloires, Francia : Jean Sulpice, la fedeltà alle radici

Grazie alle sue stelle verdi e alla sua partnership con illycaffè, la Guida MICHELIN vi presenta ristoranti unici che hanno costruito un forte legame con l’ambiente. Come l’Auberge du Père Bise, che vi propone di “gustare” letteralmente il territorio. Profondamente fedele alla sua identità savoiarda, lo chef Jean Sulpice ci offre una lezione di sostenibilità, in cui il caffè ha un ruolo essenziale.

Jean Sulpice, un appassionato di sport...

Per questo chef che lavora tra monti, cielo e acqua, la Natura è più di una passione: è una seconda... natura. Da bambino, sognava di diventare taglialegna, guardia forestale o giardiniere. Confidava i suoi piccoli dispiaceri alle galline e alle anatre. D’estate, raccoglieva il fieno nei campi dei vicini. Oggi si arrampica sui pendii in mountain bike, partecipa regolarmente a una gara di scialpinismo di fama internazionale, la Pierra Menta, e si sta allenando per la Patrouille des Glaciers, una storica gara militare svizzera (di una difficoltà che immaginiamo terrificante...), mentre moltiplica le escursioni alpinistiche ad alta quota, in compagnia di un esperto internazionale come la guida montana Christophe Dumarest.

G. Rouzeau / Michelin
G. Rouzeau / Michelin

...e uno chef che ama le erbe e la meditazione

Per fortuna, questo fuoco sacro conosce delle pause e il carattere meditativo del cuoco esperto di erbe prende allora il sopravvento. Perché Jean Sulpice, nato ad Aix-les-Bains da una famiglia di ristoratori, è anche lo chef dell’Auberge du Père Bise, un luogo raro e dalla lunga storia, dove sono state scritte alcune delle pagine più belle della gastronomia francese.
Interamente ristrutturato da Magali e Jean Sulpice, questo ristorante di prestigio si trova sulle rive del lago di Annecy, nella baia di Talloires, una sorta di Eden miracoloso che ricorda alcuni angoli della Corsica. Di fronte, nel punto più stretto di questo lago glaciale, sorge il castello di Duingt. Sulla sinistra, dalle acque di un azzurro cristallino emerge la roccia di Chère, l’unico promontorio roccioso del lago.

© G. Rouzeau / Michelin
© G. Rouzeau / Michelin

Savoia delle radici

Un paesaggio di contrasti, che è il riflesso dello chef e del suo territorio: il versante sud ospita l’acero di Montpellier, mentre a nord, in area subalpina, crescono i rododendri che si trovano sulle pendici dell’Himalaya. Allo stesso modo, lo chef sembra sospeso tra acque e montagne. Jean Sulpice cucina pesce d’acqua dolce, piante aromatiche del suo orto, formaggi e fiori selvatici provenienti dalle Alpi e da altrove, verdure e carni allevate in pianura.

Elogio del vivente

In ogni caso, lo chef rimane fedele al suo mantra: “accompagnare il mondo vivente” in una sorta di movimento perpetuo, tra esplosioni di energia e quiete meditativa. All’Auberge du Père Bise, il menù degustazione è una sorta di viaggio immobile, concepito come un taccuino di impressioni e ricordi, una passeggiata fra sapori ed aromi della Savoia, vero luogo del cuore. Coregone e luccio del lago di Annecy, aglio orsino, camomilla ed elicriso italiano, borragine, maggiorana, beaufort, crescione, acetosa, bietola, germogli di abete rosso, olmaria: un’odissea del gusto che vi spingerà a vagare da un ruscello a un torrente, da un sentiero a un giardino, dall’orto alla foresta e dalla stalla al sottobosco.

© G. Rouzeau / Michelin
© G. Rouzeau / Michelin

Allevare, coltivare, cucinare… con la stessa sensibilità

Dietro questo inventario alla Prévert, questa gastronomia dagli echi pastorali messa in scena da uno chef artista, ci sono tante storie di amicizia: quella fra Jean Sulpice e i suoi produttori. Lo chef lavora solo con “appassionati”, artigiani con un animo d’artista. In sintesi, è alla costante ricerca di “personaggi”. “La qualità di un prodotto dipende dalla personalità e dalla sensibilità del produttore, che rispetta il mondo vivente”, spiega lo chef. Tra gli altri, ci parla di Philippe Héritier, viticoltore e allevatore di lumache, di Florent Capretti, uno dei due pescatori professionisti del lago di Annecy, della casara Caroline Joguet, o di Francis Rousset, viticoltore e produttore di succo di mela, un “autodidatta”...

Da questa comunione con gli elementi, con la natura e con i produttori, lo chef distilla una vera e propria filosofia, ovviamente “sostenibile e locale”: “Lavoro solo con persone umili e rispettose della Natura, consapevoli dell’opportunità che questa ci offre”. Nella vita quotidiana, Jean Sulpice dà la caccia agli sprechi e ai consumi inutili, due delle maggiori sfide del nostro tempo.

© Franck Juery
© Franck Juery

Il caffè: spezia, condimento, struttura...

Il caffè: ancora un’altra storia di sensibilità per un prodotto! Jean Sulpice ha sempre amato lavorare con il caffè, che considera “una spezia, un condimento, una cultura”: “È un sapore che apprezzo molto; un condimento che può insaporire un prodotto e accompagnarlo, che lo riscalda, lo ravviva”. Il blend 100% Arabica illy, aggiunge anche una “vera struttura” ai piatti dello chef di Annecy.

© G. Rouzeau / Michelin
© G. Rouzeau / Michelin

Gli abbinamenti con il caffè: pollame, pesce, verdure..

Un buon esempio è la ricetta dei matafan di topinambour e caffè: frittelle contadine consumate in Savoia, nel Delfinato e a Lione, alla cui ricetta Sulpice ha aggiunto un cucchiaio di caffè macinato. Lo chef savoiardo combina gli aromi del caffè anche con la carne tenera e delicata del pollo, creando una sottile armonia: “La pelle croccante e salata dà al pollo un sapore caramellato che si sposa meravigliosamente con il caffè, il cui gusto potente deve però arricchirsi di finezza ed eleganza: un po’ di aglio schiacciato in camicia, un po’ di timo, arrostisco il tutto, e lascio che questa miscela si insinui nella salsa del pollo”. Lo chef decanta anche le delizie della cottura in “crosta di sale e caffè, con timo e dragoncello per aggiungere un tocco di freschezza: una raffinata combinazione per la carne di pollo”.
E l’abbinamento caffè e pesce? “Inizierei per un crostaceo o un pesce come la pescatrice d’acqua dolce o il coregone, dalla carne leggermente carnosa, in grado di sopportare il potente aroma del caffè”.
Se l’infusione di caffè conferisce una nota più delicata, lo chef dell’Auberge du Père Bise non è contrario alle combinazioni più intense, come nel biancomangiare di nocciole e caffè servito al
1903, il suo bistrot di lusso, dove il sapore diventa “esplosivo”.

Caffè: alla ricerca della finezza

Ma ciò che domina la prassi culinaria di Jean Sulpice è la ricerca della raffinatezza, dell’armonia elegante che si trasformerà in connubio perfetto. Per questo, lo chef montanaro ha preso le distanze dall’affumicatura, una tecnica di conservazione degli insaccati e del pesce che è parte integrante della cultura contadina degli alpeggi e dei laghi. “È diventato una moda”, deplora lo chef, che diffida inoltre del calore prepotente “che fa esplodere i chicchi, e porta un gusto troppo massiccio, troppo poderoso”. Eppure, non è contrario a una “leggera tostatura” con cui aggiungere un retrogusto amarognolo. E l’acidità del caffè ricorda in qualche modo quella delle sue erbe preferite, come il crescione o l’acetosella...
Al di là del gusto, il caffè ha una forza incomparabile, grazie al suo uso senza tempo: “Come certe spezie, il suo aroma si adatta a tutte le stagioni: lo abbino ai lamponi in primavera, lo lavoro sotto forma di fieno in inverno, o lo trasformo in crema di caramello al caffè, come nel mio prossimo libro sui dolci”.

© Franck Juery / Auberge du Père Bise
© Franck Juery / Auberge du Père Bise

Il caffè, un’arte dell’incontro

Al di là delle ricette, dei piatti e del lavoro ai fornelli, il caffè è una vera e propria cultura, condivisa dallo chef, dall’uomo e dallo sportivo: “Mi piace bere una tazza di caffè al mattino, un rito immutabile che segna l’inizio della giornata. Il gusto del caffè è rassicurante, confortante”. Con la brigata di cucina, la pausa caffè resta un appuntamento fisso del “[mio] mestiere di ristoratore, che consiste nel riunire le persone intorno a un tavolo, una tazza, un thermos, per offrire un momento di gioia, di condivisione, di incontro”. Jean Sulpice non ama molto le capsule o le cialde. Gli piace ascoltare il sussurro della macchina per il caffè e sentire il profumo del nettare che cola nella tazzina: “Il caffè è materia viva, un’esperienza che costituisce tutta la magia del caffè italiano.” Anche come sportivo, apprezza il “caffè con gli amici” dopo un’escursione in bicicletta o una gita in montagna, per ammirare ancora meglio le acque turchesi del lago di Annecy, sorseggiando un espresso.


Copyright photo © G. Rouzeau / Michelin

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