Cucina e dintorni 1 minuto 03 luglio 2020

Il tonno di Carloforte

Soprannominato tonno rosso o “di corsa” per l’intenso colore delle sue carni e la velocità con cui i branchi solcano il Mediterraneo per riprodursi, il blue fin è parte della storia economica sociale di Carloforte e dell’Isola di San Pietro.

Eden selvaggio a sud ovest della Sardegna famoso per essere l’habitat di fenicotteri rosa e di antiche tradizioni ittiche, raccontate da cimeli, botteghe artigiane e sopratutto dalla presenza di una delle due tonnare fisse italiane con autorizzazione ministeriale; un sistema di cattura controllata utilizzato a Carloforte sin dal XV secolo e più sostenibile, in quanto selettivo degli esemplari, rispetto a rete di circuizione e palangari.

Attenersi scrupolosamente a quote e taglie consentite dai protocolli è una precondizione verso la sostenibilità della specie e della tonnara, che si anima d’aprile a fine luglio quando i tonni partiti dalle coste canadesi dell’Atlantico attraversano il Mare nostrum “di corsa” per deporre le uova e quindi rientrare nell’oceano. Prima di oltrepassare lo stretto di Gibilterra in direzione opposta, i thunnus thynnus sostano un paio di mesi nelle acque tra Sicilia e Sardegna ed il periodo coincide con la migliore qualità delle carni, che saranno ben ossigenate, toniche e ricche di grasso. Un’autentica prelibatezza da uno dei più straordinari atleti marini che da circa vent’anni a questa parte, finisce per l’80% nei grandi mercati ittici del Giappone.

La restante quantità è acquistata dal crescente numero di estimatori da nord a sud della penisola ed in primis dai ristoranti de la guida MICHELIN di Carloforte come Al Tonno di Corsa – i cui antipasti offrono un’irresistibile panoramica sull’ingrediente - e Da Nicolo; insegna rinomata per le sue raffinate interpretazioni in chiave moderna. Il punto di partenza, tuttavia, sono sempre le usanze di una volta scaturite da posizione geografica, retaggi culturali ed esigenze di sussistenza, significa utilizzare ogni singola parte della pregiata varietà per preparazioni e piatti tipici. Cominciando, ovviamente, con le squisite ricette carlofortine quali cappunadda (insalata fredda con residui di tonno, facussa, cuore essiccato di tonno a scaglie, pomodori, basilico, capperi), schienale cotto nel vino bianco al profumo di alloro e aceto oppure la spinella patate e cipolla. Il lattume può invece essere fritto o utilizzato per condire la pasta, la codella è sinonimo di salagione e la torce della testa vanno grigliate. La parte scura conosciuta come buzzonaglia è ideale bollita, mentre il tarantello - essendo molto magro - ben si presta al sott’olio. Praticamente esente da filamenti fibrosi, il bodano è una delle sezioni più ambite dall’alta cucina per carpacci e tartare, ma se correttamente essiccato, si può trasformare in eccellente musciame.

La ventresca ha estimatori ovunque come per la bottarga dalle sacche ovariche, mentre tutte le rimanenze della lavorazione, vengono solitamente raccolte in paté o mousse per poi essere vendute nei graziosi negozi della bella, arcaica e selvaggia Isola di San Pietro.


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