Food Sapiens 5 minuti 06 agosto 2019

Buon Vinitaly!

In questi giorni d’inizio aprile, i riflettori sono accesi su Vinitaly, la grande manifestazione italiana dedicata al vino. Prendiamo la palla al balzo e proviamo a sentire quanto pulsa il cuore del settore vitivinicolo. Lo facciamo intervistando tre realtà meravigliose, tre testimonial tra loro diversi eppure tutti e tre perfetti testimonial del meglio del Made in Italy. Sono: Andrea Ferraiuoli che insieme alla moglie, che dà il nome all’azienda, Marisa Cuomo, imbottiglia tutto il bello e il buono che esiste in Costiera Amalfitana, Arianna Occhipinti, la nuova generazione, dalla Sicilia ormai affermata in maniera internazionale e spronata a far sempre meglio con grande energia, e Josko Gravner, il maestro, viticultore sospeso tra Collio italiano e Slovenia, di sicuro ben piantato là dove esiste la qualità al suo massimo splendore. Di seguito alcune domande proposte in parallelo.

La sua è un’azienda di successo, sembrate essere nella posizione di riuscire a fare esattamente quello che volete. Cosa suggerirebbe alle nuove generazioni di viticultori? Quali sono i fattori che aiutano a lavorare bene riuscendo a mantenersi liberi?
Ferraiuoli e Cuomo: Chiunque inizi a far vino dovrebbe puntare dritto al territorio, al proprio territorio, cercando le unicità che ognuno può trovare attorno a sé, perché ogni territorio ha le sue peculiarità e tipicità, facendo ciò, semplicemente, ci si pone in posizione di unicità e ci si tira fuori dal rischio dell’omologazione.
Occhipinti: Oggi è importante avere idee forti, supportate da valori profondi. Il mercato ci sottopone ogni giorno a richieste, a cambi di rotta. In realtà bisogna tenere il timone dritto continuando a difendere le proprie scelte. E’ importante rimanere umili, confrontarsi, ma non rinunciare al carattere e all’identità della propria azienda. Sono scelte difficili ma che, alla lunga, creano valore riconosciuto e ci fanno sentire liberi.
Gravner: Penso che la cosa migliore da fare resti il cercare di esprimere al meglio il territorio in cui si vive e lavora.
Il clima e la natura sono nel cuore della gente in tutto il mondo, come lavoratori della terra siete sicuramente sentinelle sul territorio, cosa fate per dare il vostro contributo alla salvaguardia dell’ambiente?
Ferraiuoli e Cuomo: Noi siamo da più di 35 anni impegnati nel rispetto del territorio e della cultura contadina, in tal senso diamo assistenza totale a coloro che ci conferiscono l’uva ma anche a chi non lo fa pur vivendo nel nostro territorio. Diamo assistenza tecnica, agronomica, burocratica. Soprattutto, negli ultimi 10 anni selezioniamo e diamo loro i prodotti per lavorare la terra nel modo migliore, condividiamo la nostra conoscenza e il nostro sapere sul meglio che esiste in commercio per non danneggiare il suolo. Inoltre, sin dall’inizio abbiamo studiato interventi ad hoc per il recupero e restauro delle vigne più vecchie, si tratta di vigne, a volte piccoli vigneti pre fillosserra, che superano abbondantemente i 100 anni di vita e che un poco alla volta abbiamo riportato a produzione.
Occhipinti: Per noi la salvaguardia dell’ambiente rappresenta il cuore del progetto. L’agricoltore è il custode del paesaggio, lo disegna, lo salvaguardia con il buonsenso. Tutto ciò si manifesta applicando metodi di agricoltura sostenibile, dal biologico al biodinamico ed entrando in relazione con il paesaggio che ci circonda mantenendo la biodiversità delle colture. E’ altrettanto importante partecipare alle scelte della comunità in cui si opera e sollecitare le istituzioni. Tutto questo per me è agricoltura.
Gravner: Con scelte quotidiane, e con scelte che non riguardano solo e strettamente le viti: negli ultimi vent’anni, ad esempio, abbiamo riportato nei vigneti molti alberi, sia da frutta, come ciliegi, peschi, meli selvatici, olivi, cachi, castagni, ma anche cipressi, ornielli e sorbi, in questo periodo stiamo per aggiungere 200 nidi artificiali a quelli già appesi nelle vigne e ai limiti dei boschi. In ciascuno dei nostri vigneti c’è uno stagno, ricco di vegetazione, rane, rospi, serpentelli d’acqua, nei quali gli uccelli ed altri animali possono abbeverarsi.
La ristorazione rappresenta un supporto importante per i produttori di vino, quanto meno in termini qualitativi dovrebbe essere il miglior palcoscenico possibile, dove far esprimere la piacevolezza del vino, è così?
Ferraiuoli e Cuomo: Certamente. Oggi grazie all’alta ristorazione, i vini più importanti sono presentati correttamente, con grande professionalità, direi, con il racconto adeguato. Trovo che ci sia il giusto garbo quando vengono presentati o suggeriti alla clientela. Tra l’altro, questo modo elegante e consapevole si sta diffondendo anche nella ristorazione “media”, più semplice. E’ il settore nel suo insieme che sta crescendo da un punto di vista della professionalità.
Occhipinti: Le scelte di uno chef o di un sommelier guidano i consumatori, per cui loro hanno ogni giorno una grande responsabilità. Apprezzo il lavoro che in questo senso è stato fatto in Sicilia e, più in generale, in Italia negli ultimi anni. Si può, credo, fare di più. Servono in sala, nei ristoranti, figure sempre più specializzate ed appassionate. Il vino deve essere raccontato da gente che lo vive quotidianamente come scelta lavorativa, ma anche come scelta di vita. Queste figure appassionate, non rappresentano mai un costo, ma un buon investimento per il ristoratore. In questo modo, infatti, con un racconto più appassionato, riuscirebbero a coinvolgere sempre più clienti, rendendo il proprio ristorante un punto di riferimento per il cibo ma anche per il vino.
Gravner: Certamente il servizio al ristorante rappresenta un momento in cui è possibile presentare in modo adeguato i vini ai clienti sensibili, e credo che ciò aiuti nel farli avvicinare ai nostri vini.
Qual è il suo vino più rappresentativo? A quale piatto le piace abbinarlo?
Ferraiuoli e Cuomo: Il nostro vino più importante è il Fiorduva. Vino del fiordo e dell’uva, perchè nasce alle pendici del fiordo di Furore, risorsa paesaggistica e turistica inestimabile, e dall’uva dei nostri migliori vigneti. Come abbinarlo? L’abbinamento per me è sempre soggettivo, tutto sta alla fantasia dello chef ai cui piatti il vino va accompagnato, a me personalmente piace abbinarlo con piatti di mare a base di pesce a polpa bianca ma anche a formaggi freschi o a media stagionatura, mi viene in mente tanto per rimanere nel nostro territorio un buon provolone del Monaco fresco.
Occhipinti: I miei vini parlano di Vittoria, delle sue sabbie rosse e del calcare. Certamente il frappato è un vino che rappresenta più di altri la mia storia. Ci siamo un po’ presi per mano a vicenda. La decisione di valorizzare un vitigno che era quasi scomparso è stata per me significativa per raccontare il mio modo di fare agricoltura e vino. E’ un vino abbastanza trasversale, mi piace abbinarlo a piatti di terra come il macco di fave fresche oppure di mare come un tonno con cipollata. In particolare il frappato della Contrada Fossa di Lupo presenta una nota austera, piccante con sfumature vegetali che si abbinano molto bene con questi piatti.
Gravner: Sicuramente la Ribolla. Credo che un vino sincero si possa abbinare a quasi tutti i piatti, purché fatti con materie prime di alta qualità.
Più in generale, l’abbinamento cibo-vino, che può essere uno dei momenti di maggior soddisfazione quando si siede al tavolo, è più semplice coi piatti della cucina tradizionale o con ricette creative?
Ferraiuoli e Cuomo: Sono del parere che con le ricette creative il Fiorduva trovi l’abbinamento perfetto in termini di raffinatezza ed eleganza.
Occhipinti: Il vino buono va bene con tutto. Stimola il palato, spesso esalta alcuni sapori. Credo che in entrambi i casi possa dare completezza e valore aggiunto al pasto.
Gravner: Con piatti nei quali prevale la materia prima e la sua genuinità senza troppe (o inutili) manipolazioni.
Con quale cuoco sente di avere la stessa sensibilità?
Ferraiuoli e Cuomo: Ce ne sono tanti che mi piacciono, tantissimi. Sia in Campania sia nel resto d’Italia. E’ difficile scegliere in questo caso però, volendo stare al gioco e dovendo fare dei nomi, citerei tra tutti Nino di Costanzo, Antonino Cannavacciulo, Gennarino Esposito e Bob Christoph.
Occhipinti: Ci sono tanti cuochi, in Sicilia e nel resto d’Italia, che stimo, ma quelli che oggi seguo con maggiore interesse sono coloro che riescono a dare un valore aggiunto al proprio lavoro instaurando delle vere e solide collaborazioni con gli agricoltori. Credo non sia necessario che uno chef abbia l’orto al ristorante, ma che abbia il suo ortolano di fiducia, con il quale può divertirsi e programmare insieme ciò che gli serve in campagna. E così per tutte le altre scelte in cucina. Lo chef deve essere ambasciatore e difensore degli agricoltori e, se può, non deve scendere a compromessi.
Gravner: Ci sono molti cuochi davvero bravi in Italia ed all’estero, ma ho un affetto particolare per Corrado Assenza, soprattutto per la vicinanza che sento con la sua ricerca delle materie prime e la lavorazione che ne consegue.
Al ristorante, per forza di cose, i suoi vini sono raccontati ai clienti da altre persone, secondo lei in che modo andrebbe alimentata la curiosità nei confronti del calice che si va assaggiando senza correre il rischio di diventare noiosi o sembrare spocchiosi?
Ferraiuoli e Cuomo: Noi ci riteniamo parecchio fortunati perché quando un’azienda è fondata sull’unicità, come nel caso della nostra viticultura estrema, diventa facile raccontarla. Il cliente, ovvero il consumatore finale, per esperienza so che rimane sorpreso ed interessato all’esistenza di un territorio così particolare, un terroir vulcanico, fatto di salite e discese estreme, eppure allo stesso tempo dentro una delle zone turistiche più amate al mondo, la Divin Costiera. E’ il cliente che ha voglia di innamorarsi di Furore e dei suoi vini.
Occhipinti: Raccontando la storia delle persone e delle aziende, dei valori e delle visioni che li nutrono e li spingono. Un calice di vino è una sintesi potente e rappresentativa dell’energia che circola tra gli uomini; in questo modo, oltre a rendere loro omaggio, si stimola chi assaggia a entrare dentro il progetto, oltre che dentro il calice.
Gravner: Raccontando ciò che facciamo con sincerità, in effetti il sommelier può indirizzare e consigliare, ma è sempre il cliente il giudice ultimo di ciò che facciamo.

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