Apprezzato in egual misura da contadini e famiglie aristocratiche come i Malaspina (che nel XII secolo amavano servirlo nei propri banchetti ndr) passando per tutti gli altri ceti sociali, la storia del salame di Varzi ha molto a che vedere con le necessità delle popolazioni nomadi - esperti di cibi non deperibili a lunga conservazione - e con la centralità del maiale sia nella cultura alimentare nordica che in quella rurale della Valle Staffora. Area geografica dove il particolare clima legato alla conformazione del territorio crea - assieme ai procedimenti tradizionali regolati da un disciplinare rimasto immutato nei secoli - condizioni idilliache per la stagionatura naturale del Salame di Varzi: il periodo di maturazione può variare dai 45 agli 180 giorni. Per ottenere la denominazione di origine protetta, l’insaccato deve presentarsi con forma cilindrica, muffe grigie distribuite in modo uniforme su tutta la buccia, pezzature da 0,5 a 2kg ed un impasto dalla consistenza tenera, ma compatta. Al taglio la riconoscibilità passa attraverso il colore rosso vivo della parte magra, circa il 70 percento del totale, e del bianco candido per il grasso. L’aroma deciso e fragrante è invece il risultato della lunga stagionatura per un sapore persistente, dolce e delicato. Uno dei migliori salami di Varzi, proposta irrinunciabile di ogni lauto percorso gastronomico tra ricette dall’Appennino e dell’Oltrepò, è quello prodotto dal ristorante Buscone: piatto de la Guida MICHELIN con cinquant’anni di gestione famigliare alle spalle in località Bosmenso Superiore. Un indirizzo rinomato per la qualità della materia prima, artigianalità culinaria d’altri tempi e così descritto dagli ispettori MICHELIN: “Le difficoltà che forse incontrerete per raggiungere la trattoria, sarà ricompensata dal vivace ambiente e dalla cucina casareccia. Assolutamente da assaggiare: i salumi fatti in casa e, in stagione, i funghi”.

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