Cucina e dintorni 2 minuti 02 marzo 2023

"Un assaggio della mia storia", il racconto dell’ispettrice

Un’ispettrice di New York riflette su quante cose contiene un vasetto di salsa di pomodoro.

Avevo undici anni. Io non parlavo inglese e quasi nessuno di quelli che conoscevo parlava italiano. Era il 1975, l'anno in cui io e la mia famiglia arrivammo nel Bronx, a New York City, a causa di un rovescio economico di mio padre, allevatore e commerciante di bestiame in Sicilia. Non avevamo più fonti di reddito e su sollecitazione di uno zio ci trasferimmo negli Stati Uniti.

Mi mancava la Sicilia, un'isola che regala 12 mesi all’anno l'odore salmastro del mare, le note dolci di caprifoglio e quelle erbacee e pungenti di fichi e pomodori. Mi mancava il profilo maestoso dell’Etna, i suoi sbuffi di vapore sulfureo… Volevo disperatamente restare aggrappata al mondo che conoscevo, ma non era possibile. Adesso eravamo in America, punto e basta.

I primi anni sono stati un caos totale. Oltre alla nostalgia, New York è stata uno shock per i miei sensi. Gli odori della città erano nuovi e sgradevoli, l'acqua sapeva di candeggina e il cibo era pessimo. Non avevamo mai visto cibi preconfezionati: la nostra credenza in Sicilia traboccava di erbe fresche, cassette di agrumi, formaggi e vasetti di salsa di pomodoro, o semplicemente la salsa (in italiano nel testo originale, ndt). Per non parlare della pasta! Ricordo i maccheroni Mueller che mia madre non riusciva mai a scolare al dente.

Un po’ per volta ci siamo ambientati e anche il cibo, come tutto il resto, ha iniziato a migliorare. Intorno alle famiglie appena emigrate si formava una sorta di gruppo di sostegno di compaesani provenienti dagli stessi paesi della Sicilia. Siamo stati “adottati” e istruiti su come comportarci a scuola, fare acquisti, aprire un conto in banca…

A 16 anni lavoravo e guadagnavo un po' di soldi. Allora un giorno ho preso la metropolitana fino a downtown per acquistare il mio primo libro di cucina da Rizzoli: il titolo, Italian Regional Cooking di Ada Boni, mi era stato suggerito da una mia insegnante, una cuoca appassionata di origini napoletane. Ho studiato ogni regione con una voracità che non avevo mai provato prima.

Devo aver cucinato decine di piatti; non tutti sono stati un successo, ma non trovavo modo migliore per esplorare la generosità della cucina italiana e ritrovare le mie radici. In questo viaggio spazio-temporale ho capito che ci sono pochi prodotti evocativi come la salsa di pomodoro. Nel Nord Italia si usano burro, panna, formaggi stagionati, tartufi, brasati al barolo, fagiani, cosce di rana… ingredienti difficili da trovare e far andare a genio a un padre siciliano!

La salsa, invece, era familiare e accessibile, depositaria di un sapere antico di secoli. L'agricoltura era e continua ad essere l'occupazione principale della Sicilia e oggi come secoli addietro i pomodori maturi vengono raccolti e conservati per i mesi freddi a venire.

Barattoli di salsa pronti per essere conservati
Barattoli di salsa pronti per essere conservati

Nel tempo, poi, ho anche capito che la salsa è la pietra angolare con cui la diaspora meridionale è riuscita a costruirsi una nuova vita. Questo semplice ingrediente tiene insieme la famiglia, indipendentemente da dove i marosi l’hanno trascinata.

Per me, preparare la salsa ogni anno è un modo concreto per raccontare la storia della mia famiglia e le sue tradizioni, ancor più quando ho avuto io stessa una famiglia a cui tramandare questo rito. È stato un dono per mia figlia, un pezzetto di me e della mia cultura che ha attraversato l’oceano.

Preparare la salsa in un appartamento del Bronx a fine di agosto è impegnativo, ma con un po’ di strategia si può fare. Una o due settimane prima, faccio un salto all'Arthur Avenue Retail Market, un mercato coperto fondato nei primi anni '40 che vende di tutto. Esamino la situazione e scambio due chiacchiere con il mio “tomato man” (ebbene sì, ho un “tomato man”). È di poche parole, quindi limito le domande: "Come sono i pomodori?" La sua risposta: "Rossi". Lascio il nome e il numero di telefono e mi preparo a ricevere una chiamata entro fine agosto.

Il giorno x mi precipito al mercato e riempio la macchina di pomodori e basilico fresco. Una volta arrivata a casa, armata di musica di fondo (Frank Sinatra, Ella Fitzgerald e Duke Ellington, tra gli altri) e di un bicchiere di vino bianco fresco mi tuffo nella mia 48 h. È faticoso, ma ne vale la pena.
Aprire un barattolo di salsa dolce e succosa è come assaporare la bellezza di un giorno d'estate in qualunque stagione.

È fantastico! E soprattutto mette in ogni piatto un assaggio della mia storia.



Illustration image: Photo by Eyasu Etsub on Unsplash

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