Check-in al Raffles Grand Hotel d’Angkor
Candido e cangiante, l’albergo di Siem Reap inaugurato nel 1932 e progettato dall’architetto Ernest Hèbrard in elegante stile coloniale, occupa un rigoglioso giardino di 15 acri dove le palme da cocco ed i profumati frangipane, incorniciano i campi da tennis e la piscina più grande della Cambogia.
La dimora rilevata nel 1997 da Fairmont Raffles su invito del Re Sihanouk ed oggi parte del gruppo Accor, è anche uno di quei luoghi dai quali non vorresti partire mai che nel corso della sua quasi centenaria storia, ha ospitato migliaia d’illustri personalità tra cui Charlie Chaplin, Charles de Gaulle e Jacqueline Kennedy. In altre parole, dei 12 alberghi segnalati dalla Guida MICHELIN a Siem Reap, il Raffles Grand Hotel d’Angkor è l’indirizzo più storico, iconico ed acclamato della vivace cittadina cambogiana.

Arredi Khmer ed influenze Art Decò
Il conservativo ed opulento restauro dell’albergo terminato nel 2022, ha inoltre posizionato il Raffles Grand Hotel d’Angkor ai vertici del lusso combinando con inappuntabile stile arte ed arredi Khmer, ed influenze Art Déco. Varcato l’ingresso ed accolti dal personale dell’hotel abbigliato da regali divise tradizionali, si ammirano subito i lustri pavimenti in marmo bianco e nero, dai quali svettano inebrianti fioriere e mobili d’epoca.
La destinazione è infatti del tutto unica ed anche prendere l’ascensore in legno e ferro battuto rimasto orgogliosamente immutato nel tempo, è un evento speciale. All’interno della struttura il senso del luogo e del passato, permea ogni attimo del soggiorno ed accomodandosi nelle poltrone dell’Elephant Bar oppure nella raffinata hall affacciata sul parco di proprietà, si riesce quasi a percepire il sussurro dei primi archeologi ed esploratori stranieri che qui soggiornarono per visitare il grandioso sito di Angkor Wat.

Angkor Wat; la madre di tutte le città perdute
Circondata da un grande fossato, Angkor Wat significa “città tempio” ed ammirare il nascere del sole sull’edificio di culto costruito dagli Khmer tra il 1113 ed il 1150 d.C, è un’esperienza che vale da sola il viaggio in Cambogia.
Il capolavoro architettonico coronato da 5 torri ed eretto durante il regno di Suryavarman II, è devoto alla mitologia hindu e con ogni probabilità, dedicato a Vishnu. Per apprezzare al meglio la perfezione delle proporzioni interne, la storia dei bassorilievi ed il complesso stile architettonico che dona ad Angkor lo slancio di una piramide, è indispensabile visitare la struttura accompagnati dall’expertise delle guide locali fornite da Royal Angkor Tours.

La galleria dei bassorilievi
Dopo aver attraversato il ponte-diga di Angkor Wat ed essere saliti nel cuore del tempio a sua volta strutturato in 3 terrazze sovrapposte e raggiungibili tramite ripidissime scalinate (simboliche dell’ascesa in paradiso), è tempo di orientare lo sguardo verso gli stupefacenti fregi e bassorilievi nelle gallerie inferiori.
Secondo esperti e studiosi, le rappresentazioni intarsiate nell’arenaria degli aspara danzanti, della corte imperiale, dell’esercito di Suryavarman (ala sud) e del mito della trasformazione del mare in latte (ala est), rientrano tra le più illuminate opere plastiche di tutta la storia dell’arte.

I cinematografici templi Khmer
Se pellicole come Apocalypse Now, Tomb Raider ed Indiana Jones hanno immortalato gli edifici di culto del parco archeologico di Angkor, ammirare dal vivo il simbiotico rapporto tra le radici degli alberi strangolatori e le millenarie pietre dei templi Khmer come Ta Prohm, regala una visione stendhaliana.
Costruito tra il XII e XIII secolo e racchiuso da tre gallerie concentriche con torre centrale raffigurante i quattro volti di Avalokitesevara, la struttura ha uno stile simile a quello di Bayon e nella sua funzione originale di tempio monastero, era abitata da circa 13.000 persone e 18 sacerdoti.

Suite dal fascino coloniale
Dopo la lunga visita al parco archeologico, il rientro presso il Grand Hotel d’Angkor permette di apprezzare ancor di più confort e servizi delle splendide camere in stile coloniale del Grand Hotel d’Angkor.
Dalla sontuosa biancheria da letto in cotone purissimo completata da soffici guanciali passando per i bagni in marmo, gli arredi in materiali autoctoni e le sofisticate aree relax esterne con vista del parco e della piscina, il soggiorno al Raffles di Siem Reap garantisce un’esperienza di alta ospitalità, in grado di soddisfare le aspettative dei viaggiatori più esigenti.

Una piscina da sogno
Alla pletora di attrattive, il primo albergo di Siem Reap ha anche un feeling da rilassante resort urbano. Immersa nella vegetazione, la dimora si sviluppa attorno all’enorme piscina lunga 35 metri. Il connubio tra clima mite, brezze leggere, sole caldo ed acqua fresca creano le condizioni perfette per godevoli momenti di relax in un contesto di rara armonia.

Gli infuocati tramonti del Sudest asiatico
Quando la giornata sta per volgere al termine e la temperatura diminuisce, una delle attività più piacevoli è dirigersi ad Angkor Wat a bordo di tuk-tuk o remork (motorini con dei carretti al traino) per ammirare lo straordinario sito archeologico durante il crepuscolo.
Nell’orario prossimo alla chiusura delle 18:00, il tempio non è più affollato e dopo le solitarie ed immensamente evocative passeggiate nelle lunghe gallerie d’Angkor Wat, si osservano i riti dei monaci buddisti mentre gli infuocati tramonti del Sudest asiatico, tingono le placide acque dei canali con i colori del cielo che spaziano dal rosa al rosso porpora all’indigo.

La cucina Khmer del 1932
Intitolato all’anno di apertura del Grand Hotel d’Angkor, il ristorante 1932 specializzato in cucina Khmer propone diversi menù degustazione come il 1990 The Raffles Grand Legacy oppure il 1960 che omaggia l’età dell’oro della destinazione.
Lo spazio arredato da lampadari, ventilatori a soffitto e preziosi candelabri, porta in tavola le tradizioni gastronomiche cambogiane avvalendosi di prodotti locali di terra, mare e fiumi, abbinati alle profumate erbe e spezie coltivate nei giardini dell'hotel. Le ricette del 1932 includono pollo con mango verde ed erbe Khmer; zuppa con costine di maiale, basilico e melanzane; manzo grigliato al pepe di Kampot, curcuma, riso saltato con l’aglio. Il ristorante 1932 vanta infine una delle cantine più fornite dell'Asia, grazie alla scelta di oltre 400 etichette provenienti da tutto il mondo.

Siem Reap tra street-food, massaggi e mercati
Una valida alternativa per conoscere la gastronomia locale, sono i carretti di street-food adiacenti al mercato di Siem Reap in cui provare tipici piatti quali amok, manzo al curry, noodles saltati nel wok, zuppa di fori di banana, insalata di papaya condita con salsa di pesce fermentato.
Nel Sudest asiatico la cucina di strada è caratterizzata da piatti caldi preparati al momento su fornelli trainabili ed è solitamente consumata da locali ed avventori stranieri, in piccole sedie di plastica lungo la strada. Un gran numero di venditori ambulanti è posizionato accanto all’Old Market con tessuti, altro cibo e reperti artigiani. Nel medesimo quadrilatero non mancano centri benessere che offrono riflessologia plantare o massaggi Khmer al costo di 6 dollari l’ora.

Yoga e Thai Chi nel padiglione buddista
Il giorno seguente e prima di attingere a piene mani dalla sontuosa colazione a buffet del Grand Hotel D’Angkor che prevede dim sum, zuppe di noodles, bao, crepes cucinate al momento, lievitati e vassoi di frutta esotica, la spiritualità del luogo trova continuità del padiglione adornato da statue del Buddha, in cui si svolgono classi di yoga e Tai Chi.

Road to Phnom Penh
Lasciare Siem Reap è un colpo al cuore ma in paesi come la Cambogia, il viaggio stesso può essere speciale quanto le destinazioni d’arrivo. Non fa eccezione la strada verso Phnom Penh dove la doppia carreggiata è spesso delimitata da alberi da frutta ricolmi di manghi, papaye, jack fruit, rambutan, durian e tamarindi.
Osservare la mobilità nazionale tra tuk-tuk di fabbricazione indiana e sgangherati remork (a volte equipaggiati con un’amaca utilizzata dai conducenti per riposarsi tra le corse) carichi come autotreni è un altro piacevole passatempo. Nei 300 Km di strada verso la capitale che abbiamo percorso con la guida di Angkor Royal Tours, bisogna sempre prestare sempre attenzione a motorini e biciclette che procedono in senso opposto ai margini della carreggiata.

Stuzzichini inusuali
Proseguendo in direzione Phnom Penh lambendo case sulle palafitte ed antichi ponti Khmer, si arriva al poco noto villaggio di Skun in cui l’offerta gastronomica è davvero molto particolare. Accanto alle consuete bancarelle con chips di banane fritte e petali di mango essiccato ci sono venditrici ambulanti di tarantole, grilli, larve.
Gli insetti fritti sono disposti su vassoi ed insaporiti da peperoncino e kroeung (mix di erbe e spezie). Il loro sapore (specie quello delle cavallette) ricorda un po' i gamberi e per quanto atipica e poco attraente alla vista, il gusto non manca e la croccantezza al morso nemmeno.

Check-in al Raffles Le Royal
Raggiunta Phnom Penh dove la Guida MICHELIN segnala quattro alberghi, il Raffles Le Royal è lo storico edificio situato nel cuore della capitale che ha ospitato nelle sue suite Jacqueline Kennedy, Andre Malraux e Somerset Maugham. Il progetto originale risalente agli anni ’20 è firmato dallo stesso architetto (Ernest Hébrard) del Grand Hotel d’Angkor e come quest’ultimo, la struttura presenta una mirabile miscela di artigianato Khmer, suggestioni Art Déco e memorie dall’Indocina Francese istituita nel 1887. L'Hotel Le Royal apre al pubblico nel 1929 con 55 camere (oggi sono 175) e venne rilanciato come Raffles Hotel Le Royal nel 1997.

La grande storia della Grand Dame di Phnom Penh
Considerato un tesoro del patrimonio architettonico cambogiano, Le Royal incorpora il lavoro di artigiani che hanno ricreato soffitti dipinti, affiancati da stemmi decorativi in rame battuto e sculture all'aperto. La dimora si sviluppa attorno al cortile privato centrale affiancato da due piscine, adornate da giardini tropicali e frangipani. Le amenità al servizio degli ospiti includono spa, centro fitness e yoga, due ristoranti e l’Elephant Bar.
A sottolineare la rilevanza dell’indirizzo, basti pensare che all'inaugurazione ufficiale partecipò Sua Maestà Sisowath Monivong (Re della Cambogia dal 1927 al 1941). Oggi la strada accanto all'hotel porta il nome del Re Preah Monivong Boulevard e come la stessa Phnom Penh, Le Royal ha vissuto ed è stato testimone d’importanti cambiamenti.
Nel periodo tra il 1970 ed il 1975 era conosciuto come "Le Phnom" mentre dopo la caduta dei Khmer Rouge nel 1979, venne riaperto come "Hotel Samakki" (albergo della solidarietà). Quest’ultimo appellativo fu utilizzato fino alla reinstallazione del Re nel 1993.

Costruzione anti-alluvionale e ricerca della sostenibilità
Costruita s’un terreno basso, Phnom Penh è una "città d'acqua" in quanto situata alla confluenze di Tonle Sap, Mekong e Bassac e quindi soggetta a periodiche inondazioni, soprattutto durante la stagione dei monsoni. Le Royal – che offre una vista spettacolare di Wat Phnom – venne costruito di conseguenza e per completare l’edificio furono utilizzate enormi pompe per rimuovere l’acqua dalle fondamenta.
La bonifica contribuì a migliorare le modalità costruttive ed urbanistica del quartiere europeo di cui Le Royal, è edificio ambasciatore. La ricerca dell’eccellenza è parte integrante del suo percorso e passando all’attualità, entrambi i Raffles in Cambogia perseguono la filosofia della tutela paesaggistica ed ambientale come sottolineato dalla certificazione Green Globe.
Il Raffles Grand Hotel d'Angkor a Siem Reap ed il Raffles Hotel Le Royal a Phnom Penh hanno ricevuto le designazioni per l’efficiente gestione delle risorse, coadiuvata da innovativi programmi comunitari ed iniziative ambientali dedicate alle migliori pratiche ecologiche.

Alla scoperta di Phnom Penh
La capitale cambogiana presenta scenari agli antipodi. Da un lato, la storia della città è segnata dal brutale genocidio ad opera dei Khmer Rossi che può essere ripercorsa visitando i “killing fields” (campi di sterminio) e spaventosi luoghi come la scuola elementare di Tuol Sleng, convertita nel 1975 in centro di detenzione e rieducazione.
Più leggere sulla psiche sono invece le visite al Palazzo Reale la cui costruzione è iniziata nel 1866 durante il regno di Re Norodom. Accanto ad esso, sorge il complesso della Pagoda d’Argento mentre a poca distanza svetta il Wat Phnom Daun.
Il mercato Phsar Tamai è una meta da non perdere per la vastità di generi alimentari crudi e cucinati. Di notevole interesse ed ospitato da un bellissimo palazzo del 1920, è infine il Museo Nazionale della Cambogia in cui sono custoditi fregi e sculture dell’Impero Khmer, recuperate dai templi di Angkor.

Cene reali e ritrovi letterari
Rientrati in hotel, i sussurri dell’Indocina francese si manifestano nell’elegante salone in cui il ristorante Le Royal svolge il suo servizio. Il menù spazia da pietanze Khmer e ricette occidentali che culminano nelle deliziose crepes suzette preparate davanti ai commensali. L’offerta gastronomica della dimora annovera inoltre Le Phnom 1929 mentre The Writers Bar è un riposante e raffinato ritrovo per letterati e viaggiatori. A completare l’opera c’è la terrazza a bordo piscina ombrata di Frangipani e la Terrazza Apsara dove il buffet è affiancato da spettacoli di danza cambogiana.

Gin e mixology all’Elephant Bar
Annunciato da zanne d’avorio ed impreziosito da pregiati arredi in stile coloniale tra poltrone di vimini, ampie vetrate ed il pigro roteare dei ventilatori, il leggendario Elephant Bar è presente in entrambi gli alberghi Raffles cambogiani. A Le Royal di Phnom Penh l’ambito spazio dedicato al mixology occupa l’ala est della dimora e produce anche il suo Elephant Gin, distillato a mano nella capitale. Altra invenzione dell’Elephant Bar è il cocktail Femme Fatale a base di champagne, cognac e creme fraise dedicato a Jackie’O. Altrettanto evocativa è la storia dell’Elephant Bar del Grand Hotel d’Angkor dove secondo alcune testimonianze, il nome deriva dal fatto che molti degli ospiti d’inizio anni ’30, erano soliti raggiungere l’albergo in sella agli elefanti asiatici a causa della scarsa qualità delle strade.

Mobilità e consigli d viaggio
Parlando di strade, il viaggio on the road in Cambogia impone un minimo di pianificazione e molta attenzione. La maggior parte dei tragitti si svolgono ad una velocità media di 50-60km/h su percorsi a due corsie e doppio senso di marcia senza spartitraffico.
Pochissime località sono collegate dall’autostrada ed in movimento, è bene tenere d’occhio la qualità dell’asfalto ed i furgoni e fuoristrada che sfrecciano ai margini delle carreggiate. Attenzione anche ai motorini con anche 4 persone in sella ed ai tuk-tuk che spesso effettuano inversioni ad U.
Per tutti i motivi sopra, affidarsi all’expertise locale di realtà come Royal Angkor Tours (che oltre alle guide fornisce autisti e confortevoli pulmini) permette di rilassarsi durante gli spostamenti. Se invece amate un po' di avventura ed i viaggi indipendenti, Royal Angkor Tours può reperire macchine a noleggio, tra cui interessanti esemplari vintage come la Ford Mutt del 1961 che abbiamo utilizzato a Siem Reap ed Angkor.

Scalo a Bangkok
Per raggiungere la Cambogia, sarà quasi sempre necessario effettuare almeno uno scalo e scegliendo la capitale tailandese come tappa intermedia, è possibile apprezzare altri esempi della rinomata ospitalità del Sudest asiatico, magari soggiornando in pluri-premiati indirizzi come Capella Bangkok.
L’albergo sulla riva del fiume Chao Praya si distingue per contemporanee camere allo stato dell’arte, 14 suite, spa, palestra con attrezzature next-gen e spazi comuni che riprendono forme e funzioni degli abitati dell’antico quartiere di Bang Rak in cui sorge la nuovissima struttura. Ad arricchire i contenuti dell’albergo 5 stelle lusso ci sono inoltre il bistellato Cote di Mauro Colagraco (chef del 3 stelle MICHELIN Mirazur di Mentone), il ristorante Pra Nakhon (ristorante di cucina Thai) ed una gradevole piscina. Molte delle stanze sono dotate di plunge-pool ed il servizio personalizzato, è garantito da uno staff di 380 persone al servizio di 101 camere.

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In copertina: Porta ovest del complesso archeologico di Angkor - Matteo Morichini