Cucina e dintorni 3 minuti 19 ottobre 2023

Pasta e basta!

Perché siamo tutti un po' italiani!

Maccarone, m’hai provocato adesso e io ti distruggo maccarone… io me te magno” recitava un irresistibile Alberto Sordi nel film “Un Americano a Roma” del 1954. Perché la pasta è anche questo: orgoglio patriottico sentito da noi italiani ancor più della nazionale di calcio. Al pari del tricolore e sin da prima che esso ci rappresentasse; i primi pastifici, intesi come fabbriche, vennero aperti infatti addirittura nel XVIII secolo, dopo secoli di produzioni minuscole che avevano preso piede, piano piano, in tutto lo Stivale cominciando poco a poco, in parallelo alla lingua, a formare un’idea di Paese.


Conta poco la tendenza degli ultimi anni che vede, per ragioni più che altro dietetiche, crescere il consumo di riso e calare leggermente quello della pasta. Il primato è inarrivabile.

È un alimento semplice, eppure allo stesso tempo molto gustoso, assai versatile ma anche fortemente riconoscibile, che rappresenta un mondo apparentemente unico, eppure frammentato in migliaia di unicità. Svariati sono sicuramente i suoi formati, nei decenni molti produttori si sono divertiti a farle assumere le più diverse e divertenti fisionomie: dalle superstar conosciute in tutto il mondo come i bucatini, gli spaghetti dalle sezioni variabili, le penne rigate amate dai più piccoli, i tortiglioni, i paccheri, le farfalle (può esistere un nome più poetico per un cibo?), i fusilli, via via citando nomi lungo la strada della fantasia verso tipologie meno note come i radiatori (già, facendo riferimento proprio ai vecchi caloriferi, mio suocero li chiama ancora così: divertente pensare che lui chiama i caloriferi col nome di un formato di pasta, mentre io chiamo la pasta col nome arcaico dei caloriferi), le ruote con tanto di raggi, i gigli, le letterine, gli ziti, le mafaldine, le busiate e così via.

Lo spaghetto rimane sicuramente la hit inarrivabile di questa formidabile playlist: amati in ogni angolo della Terra e quasi irrinunciabili perfino nella cinematografia, Sordi lo abbiamo già citato all’inizio (cercatelo su Youtube, è da sbellicarsi!), ma come non ricordare, tra i molti altri, Totò in “Miseria e nobiltà”.

Personalmente, a me è sempre rimasto il dubbio che siano spaghetti anche quelli che i galeotti di Scorsese in “Quei Bravi Ragazzi” condiscono con la salsa di pomodoro alle polpette di carne, la stessa ricetta che porterà al bacio i cagnolini protagonisti di “Lilli e il Vagabondo” tra l’altro.

Concezione Restaurant - Catania
Concezione Restaurant - Catania
Ristorante Arnolfo - Colle di Val d'Elsa
Ristorante Arnolfo - Colle di Val d'Elsa

Quante volte, ammettiamolo, la mezzanotte è scoccata con uno spaghetto aglio, olio e peperoncino? Una delle ricette più facili che ci siano eppure capace come poche altre di accendere per bene la convivialità. Se la mano in cucina, poi, è di quelle talentuose, allora tecnica e capacità permettono altresì di creare ricette articolate, complesse, finedining come si dice oggi. Ovvio, quindi, che grandi chef preparino succulenti piatti con essa.

Le paste del ristorante Quattro Passi di Nerano, 2 Stelle MICHELIN, sono a dir poco eccezionali, di certo lo è la loro versione delle famose linguine alla Nerano, con zucchine, basilico e pepe nero, ancor più fantasiosi e raffinati sono i fusilloni conditi ai ricci di mare, i quali sposano l’intensità tipica loro con la delicata suadenza del crudo di gamberi, poggiati su una base di pasticcera salata, in pratica una finta crema pasticcera che in realtà è una crema di patate, densa e gustosa, con una sua vaga tendenza dolce, mentre una punta di aromatica freschezza arriva a completare questo gran piatto grazie alle scorzette di ottimi limoni locali.

Ma anche a casa propria, pur privi dell’abilità gastronomica di chef Fabrizio Mellino, la fantasia dei possibili sughi di accompagnamento diventa praticamente infinita e sconfina al di fuori del mondo dei ricettari, unendo praticità e creatività: se si ha un pò di fantasia ed un pacco di pasta in dispensa, sarà sufficiente aprire il frigorifero per vedere cosa abbiamo ed un sugo nascerà sicuramente.

Ma ormai è quasi mezzogiorno, per cui, sulle note - ed accettando il suggerimento del testo - di “La Terra dei Cachi” che Elio e Le Storie Tese presentarono al Festival di Sanremo nel 1996 “…Italia sì, Italia no, Italia gnamme, se famo du spaghi”

Ecco come li sto preparando: ho ancora alcuni pomodorini Pachino freschi, li taglio al coltello, il frullatore infatti li rovinerebbe, mi confidò anni fa un grande cuoco che il robot gli dà una spiacevole nota ferrosa, nella padella metto olio Evo, cipolla tritata finissima e soffriggo, in alcune regioni d’Italia sfumano col vino, io quest’oggi non lo uso, la fiamma va tenuta bassa perché bisogna ridurre i pomodori piano piano affinché tendano a caramellizzare e allo stesso tempo a prendere un tocco umami, lascio andare, diciamo, mezz’ora, dolcemente, quindi verso fine cottura aggiungo del basilico, che verrà poi raddoppiato a fresco nel piatto di portata, mentre il completamento mediterraneo lo dò condendo con capperi, origano e due acciughine anch’esse tagliuzzate, in questo caso da mettersi o direttamente nel soffritto o, come faccio io, all’ultimo.

Ah, dimenticavo, il formato di pasta? Questo è un sugo che par quasi una bella giornata di inizio estate per cui sfido chiunque a trovare con cosa non ci stia bene. Però, se vi può interessare, io quest’oggi nella pentola con l’acqua calda salata ho appena buttato gli amati tortiglioni.

Buon appetito, da un ispettore della Guida MICHELIN

Penne rigate - Drbouz/iStock
Penne rigate - Drbouz/iStock

In copertina: "Spaghetto", Alici - Amalfi





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