Tra le ormai innumerevoli forme, tecniche e preparazioni dedicate dell’alimento, le procedure messe a punto dalla città partenopea rifondata dagli antichi greci con il nome di Neapolis al termine del VI secolo a.C. sono inserite tra le ricchezze culturali del pianeta. Nel dicembre 2017 infatti, l’Unesco ha inserito “l’arte tradizionale del pizzaiuolo napoletano” nella lista dei patrimoni immateriali dell’umanità assieme alla Dieta Mediterranea.
Il riconoscimento si rivolge alle diverse fasi della pratica culinaria (quindi impasto, movimento rotatorio del pizzaiolo, cottura nel forno a legna) sottolineando il senso d’identità e continuità trasmesso di generazione in generazione, nel promuovere “il rispetto per la differenze culturali e la creatività umana”, secondo i criteri della Convenzione Unesco del 2003. Grazie all’imparagonabile storia unita ad un richiamo gastronomico trasversale ed alla fotogenicità (opportunisticamente sfruttata da alcuni pizzaioli presenzialisti) del prodotto nei social media, la pizza napoletana è un imperdibile cult per chiunque abiti o visiti Napoli.
La vivace città campana - luogo nativo della celebre pizza margherita - conta oggi più di 3000 pizzaiuoli e per orientarsi nell’offerta, la Guida MICHELIN Italia 2025 include nella sue pagina una piccola selezione di pizzerie tradizionali. Ecco le cinque più interessanti.
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Da Concettina ai Tre Santi
Nel cuore del vitale rione Sanità e quindi a poca distanza dalle Catacombe di San Gennaro (esempio lampante della storia a strati napoletana) e dal murales dedicato a Diego Armando Maradona, sorge il rinomato locale della famiglia Oliva che da oltre 60 anni, gestisce con sacrificio e sapienza lo storico indirizzo.
Il riuscito restyling degli interni ha mantenuto ben saldo il legame con la tradizione espressa da “pizze più fantasiose e moderne, dai fritti e dal menu degustazione”. Aperta nel 1951 da Concettina Flessigno che nel dopoguerra ideò la formula della pizza a credito (da pagare entro 8 giorni), l’indirizzo del rione Sanità si distingue oggi come allora anche per la sua proverbiale pizza fritta, generosamente condita; autentica delizia alla portata di tutti.

La Notizia 53
Promotore della pizza come espressione culturale prima ancora che gastronomica, Enzo Coccia è un punto di riferimento tra i maestri pizzaioli campani.
Il suo locale di via Michelangelo da Caravaggio 53 (alla sede originale si è aggiunto un altro avamposto al vicino numero 94/a) nella parte alta del quartiere Fuorigrotta, è diventato negli anni un indirizzo cult in cui apprezzare una verace pizza napoletana in cui il “morbido e filante” e profumato impasto, valorizza al meglio i gusti sia storici che creativi. Il menù non prevede fritti ma in compenso gli ispettori del Bibendum consigliano di provare “la 'mpustarella; panino con farina integrale ai cinque cereali variamente farcito”.

3.0 Ciro Cascella
Nel quartiere di Chiaia – signorile zona della città confinante con Posillipo, Vomero e Montecalvario - la pizza napoletana trova una delle sue “più riuscite espressioni” presso l’indirizzo di via San Pasquale 68. Il numero 3.0 che anticipa il nome dell’insegna, è un riferimento all’evoluzione dell’impasto ottenuto da tre farine diverse (con fermentazione di 24 ore e lievitazione di 12 ore) e messo a punto da Ciro Cascella.
Il risultato della ricerca è una pizza soffice, leggera, ben idratata riconoscibile dal “cornicione grande e gonfio, ma leggero, alveolato e sofficissimo. Si verrebbe qui anche solo per mangiarne il bordo, tanto è buono” scrivono gli ispettori MICHELIN. Altrettanto scrupolosa, è la scelta delle guarnizioni con molti prodotti campani d'eccellenza mentre l’impasto, è disponibile anche ai cereali e senza glutine.

Da Attilio
Inaugurato nel 1938 nell’animata zona dei mercatini partenopei, lo storico indirizzo di Attilio Bachetti si trova nel quartiere di Montecalvario ed oltre alla classica e molto apprezzata pizza napoletana, il menù propone ottimi fritti (il crocchettone con salsiccia beneventana, provola e friarielli è da non perdere) ed insolite divagazioni come la pizza a forma di stella ad 8 punte.
Giunta alla terza generazione di conduzione familiare e gestita con amabile cura da Francesca (la mamma di Attilio), la grande popolarità dell’insegna che può ospitare 50 coperti non ha intaccato l’autenticità del luogo e neppure la qualità di servizio e proposte. Sin dall’apertura, Attilio è diventato un inamovibile emblema della cultura gastronomica partenopea e dato che il locale non accetta prenotazioni, nei momenti di alta affluenza bisognare preventivare un po' di attesa ma come scrivono gli ispettori “ne vale assolutamente la pena”.

Salvo
Il ricercato ed accogliente indirizzo di riviera di Chiaia, sorge nell’omonimo quartiere davanti ai giardini della Villa Comunale di Napoli realizzata nel 1870, per volere del Re Ferdinando IV di Borbone. “Qui troverete una delle migliori pizze della città nella versione classica napoletana, morbida ed enorme che supera il diametro del piatto” scrivono gli ispettori MICHELIN prima di puntualizzare come anche la serie di entrée, sia da non lasciarsi sfuggire.
Le note si riferiscono in particolare alle “superlative e variamente guarnite” frittatine di pasta. Solitamente preparate con bucatini o spaghetti, besciamella, prosciutto cotto a dadini e provola, le frittatine sono una ricetta di recupero ed un irresistibile street-food della tradizione partenopea.

In copertina: pizza napoletana - Da Concettina ai Tre Santi