In viaggio 20 minuti 03 luglio 2024

I Tesori dell’Umbria: un viaggio gastronomico nella parte est

Continua il nostro viaggio alla scoperta di una delle regioni più belle e verdi d’Italia, ricca di eccellenze enogastronomiche tutte da gustare. Ingraniamo la marcia e dirigiamoci verso la parte est dell’Umbria!

L’Umbria non è solo una regione, ma un’emozione da vivere. Qualsiasi sia la stagione, infatti, vi saprà offrire itinerari da sogno, dove il fascino delle bellezze artistiche e culturali si unisce all’assaggio di piatti e prodotti tipici d’eccellenza. Spostandovi per la regione, potrete scoprire magnifici borghi antichi, che sembrano usciti da una fiaba, intervallati da paesaggi naturali da togliere il fiato: non a caso l’Umbria è soprannominata “il cuore verde d’Italia”. Da sottolineare anche l’aspetto umano: in Umbria sarete accolti con il sorriso, per un soggiorno all’insegna dell’amicizia e della genuinità.
Per non perderci nemmeno un centimetro di questa splendida terra, dopo aver esplorato a fondo la parte ovest completiamo il nostro viaggio verso la parte est, ricca in egual modo di tesori della cultura, dell’arte, della natura e del gusto.

Olive
Olive

Eugubino ‐ Alto Chiascio

Se amate l’atmosfera medievale, questa è la zona che fa per voi. La zona dell’Eugubino ‐ Alto Chiascio è punteggiata da imponenti castelli e città medievali, grotte misteriose e paesaggi incontaminati. Qui si trova Costacciaro, la porta di ingresso del Parco regionale del Monte Cucco Fossato di Vico anche detto “il borgo delle Rughe”, cioè un sistema viario coperto con volte in pietra a tutto sesto, raro esempio di architettura castellana duecentesca con funzione prevalentemente difensiva.

Da non perdere Gualdo Tadino, città della ceramica artistica e delle sorgenti, Scheggia e Pascelupo, nel cuore del parco del Monte Cucco, Sigillo, meta ideale per gli amanti del turismo sportivo, soprattutto deltaplano e parapendio e Valfabbrica, lungo il suggestivo sentiero francescano della pace.
E, ora, veniamo alla “città dei Ceri”, simbolo stesso della regione Umbria: Gubbio. Qui, infatti, si festeggia l'antichissima festa dei Ceri, che si svolge ogni anno il 15 maggio, alla vigilia della festa del protettore Sant'Ubaldo. I Ceri sono tre imponenti manufatti lignei sormontati dalle statue di Sant'Ubaldo (protettore dei muratori), di San Giorgio (protettore dei merciai) e di Sant'Antonio Abate (protettore degli asinari e dei contadini).

A Gubbio si può assaggiare la famosa e buonissima Crescia, o Torta al testo, una sorta di piadina, ma più morbida. La torta al testo ha origini antiche, nascendo come alternativa non lievitata al pane tradizionale. Ne esistono due varianti: quella originale con farina di frumento, e quella con farina di mais nata dopo l'importazione di quest'ultimo cereale dalle Americhe. Il piano di cottura è un disco dello spessore di circa 3 cm, chiamato testo dal latino testum, ovvero la tegola in laterizio sulla quale, nella Roma antica, venivano cotte le focacce. Originariamente si fabbricava in casa scolpendo grosse pietre refrattarie, oppure modellando un impasto di argilla e ghiaia molto fine; in tempi moderni è possibile acquistarlo in ghisa o cemento. Questa deliziosa preparazione viene servita calda e può mangiare sia da sola, sia con formaggi e salumi. Se passate da qui, non potete assolutamente perderne un assaggio.
La Torta al testo può essere accompagnata anche dalla smulicata, un piatto “povero” della cucina umbra, buono e facilissimo da realizzare. Si tratta di un mix di verdure di stagione - ad esempio bietole - saltato con aglio e arricchita da pane raffermo. E’ un ottimo abbinamento anche con la carne.

Ottimo anche il Brustengo, che è la tipica focaccia di Gubbio, anch’essa per accompagnare salumi e formaggi, come il prosciutto crudo di Norcia e il pecorino. Per prepararla si parte da una pastella a base di farina e acqua fredda, cotta con abbondante olio di oliva in una padella antiaderente. Una volta cotta, si elimina l’eccesso di olio e si taglia il Brustengo a pezzi, arricchendolo con i salumi umbri. C’è anche il Brustengo con le foglie di rosmarino tritate nell’impasto.

In questa zona si coltiva anche uno zafferano di eccezionale qualità: lo riconoscerete dal profumo intenso e dal colore vivace. Al gusto è così “di carattere” che ne basta poco per ottenere un risultato ottimale. Le altre zone umbre famose per la produzione di questa spezia dorata sono di Città della Pieve, Cascia e Spoleto.

Zafferano - Stefan Tomic/iStock
Zafferano - Stefan Tomic/iStock

Assisano

In questi luoghi la cultura e le bellezze naturali incontrano la spiritualità: chi passa da qui può ripercorre i passi di San Francesco d'Assisi, sulle sponde del fiume Tevere, dove il santo e l'ordine da lui fondato hanno lasciato numerose testimonianze. Assisi è un vero e proprio museo a cielo aperto, dove si inanellano chiese, basiliche e Cattedrali di bellezza inenarrabili. Qui la vibrazione è profonda e si può percepire la sacralità dei luoghi. La città, infatti, ha una storia millenaria con importanti testimonianze romane, medievali e rinascimentali. Il cantiere di Giotto ha segnato l'arte di tutto il centro Italia. Assisi, proprio per aver dato i natali a san Francesco e santa Chiara, si è imposta all'attenzione mondiale come centro universale del messaggio francescano di pace e fratellanza. Costruita con la tipica "pietra rosata" del Subasio, Assisi vive e fa vivere a tutti i visitatori la sua atmosfera di profonda spiritualità dei luoghi che la storia e la fede dei suoi Santi rendono unici nel mondo.

In questa zona potrete assaggiare la Rocciata, un dolce tipico che, nella zona di Spoleto o della Valle del Nera chiamano l’Attorta (ma è la stessa preparazione). Si prepara di solito nel periodo delle festività invernali (da quelle dei Santi e dei Morti fino al Carnevale), soprattutto a Natale. Ha una forma a spirale che ricorda un serpente arrotolato, con il caratteristico colore rosso dato dall’alchermes. La base di pasta sfoglia è preparata con farina, uova e un pizzico di sale, mentre il ripieno è composto di mele cotte nel vino con zucchero, noci, cacao e buccia di limone. Se questa è la ricetta base dell’attorta, nella rocciata vengono aggiunti anche fichi, marmellata, uva sultanina, pinoli, mandorle, cannella e vaniglia. E nelle diverse varianti che esistono sul territorio, c’è chi ama usare anche nocciole, canditi, amaretti tritati e prugne secche.

Si pensa che le origini di questo dolce risalgano alle invasioni dei popoli del Nord Europa dopo la caduta dell'Impero Romano, dal momento che gli ingredienti usati lo accomunano allo strudel – in effetti i Longobardi per quasi due secoli mantennero il Ducato nello spoletino, uno dei luoghi di cui l’attorta è tipica. Stesse origini vengono attribuite alla rocciata, l’altra nota versione di questo dolce, diffusa tra Foligno, Assisi, Bastia Umbra, Spello, Bettona, Cannara e Bevagna; qualcuno ritiene che possa essere vero il contrario: che i Longobardi apprezzassero così tanto questo dolce umbro da importarlo nella loro cucina.
Il suo nome deriva dal dialetto del folignate, da roccia o rocciu che significa “tondo” come la forma che gli viene data. E da queste parti il dolce è talmente apprezzato che alla Rocciata di Foligno, riconosciuta prodotto agroalimentare tradizionale umbro, da 25 anni a luglio viene dedicata una sagra nella frazione di S. Giovanni Profiamma.

Nella zona dell’assisano si trova anche Bastia Umbra, che in epoca romana era nota come Insula Romana, poiché aveva l'aspetto di un'isola circondata dalle acque del "Lacus Umber" (ampio specchio d‘acqua che occupava la Valle Umbra, poi prosciugato nel VI secolo d.C.). Meritano una visita anche Bettona, antico centro etrusco ricco di vicoletti e orti-giardino, e Cannara, città che secondo la tradizione, prende il nome dalla presenza di abbondanti canneti che anticamente crescevano lungo la zona paludosa del Topino. Qui si coltiva la famosa Cipolla di Cannara, che non è solo dolce e profumata ma, come affermano i produttori, anche antisettica, anestetica, e buona per la cura dei reumatismi.
Ha una festa tutta sua, che si celebra all’inizio di settembre tra le vie del paese di Cannara, dove si può comprare ed assaggiare in ricette semplici o raffinate. C’è anche la “winter edition” a dicembre. Si cucina spesso in agrodolce, facendo sciogliere il burro in padella e aggiungendo lo zucchero, l’aglio, il sale, l’aceto e le cipolline. E’ ottima come contorno e sul pane abbrustolito, con l’aggiunta di olio d’oliva umbro. Alcune varianti della ricetta prevedono un po’ miele di castagno al posto dello zucchero e, in sostituzione dell’aceto bianco, l’aceto balsamico.


Una trattazione a parte merita l’olio d’oliva umbro, prezioso condimento che arricchisce ogni piatto. Tra gli itinerari più interessanti per scoprire l'Olio DOP Umbria c’è quello che vede protagonisti i Colli di Assisi e Spoleto. In questa zona, dal terreno particolarmente fertile per la coltivazione dalle varietà di olivo Moraiolo, Frantoio e Leccino, viene prodotto un olio di indubbia qualità, dal colore che va dal verde al giallo, dall'odore e dal sapore fruttato forte, con una nota amaro e piccante. Nei ristoranti della zona si può assaggiare in tanti piatti, dall'insalata di farro alla bruschetta fino ai funghi arrosto. Vi consigliamo anche di assaporarlo in purezza, per riconoscerne il gusto e la nota piccante che lo caratterizzano.

Uno dei periodi migliori per conoscere da vicino la produzione dell'olio in Umbria è il mese di novembre, il mese di Frantoi Aperti. Tutti i fine settimana del mese, i frantoi che aderiscono alla manifestazione, organizzano degli eventi a cui puoi partecipare: visite guidate, degustazioni, concerti e tanto altro. Il programma degli eventi cambia di edizione in edizione ed attira ogni anno turisti da tutta Italia. Si trovano tutte le informazioni dettagliate sul sito Frantoi Aperti


Caprino brioche olio fichi in composta
Caprino brioche olio fichi in composta

Folignate - Nocera Umbra

I famosi e prosperi vigneti di Sagrantino, le distese di ulivi sani e vigorosi, uno dei più bei palazzi signorili dell'Italia centrale, la tradizione della Giostra della Quintana, le testimonianze romane di Spello e l'inconfondibile ambiente naturale incontaminato del Parco di Colfiorito. Anche la zona del Folignate - Nocera Umbra è un mondo tutto da scoprire.
Bevagna, ad esempio, è un’antica città romana circondata da una fertile pianura ricca di acque e coltivata a grano, viti ed olivi. Per il notevole patrimonio ambientale, culturale e artistico fa parte del club de "I Borghi più Belli d'Italia". Gualdo Cattaneo è un antico borgo circondato da boschi, in cui spicca, sulla piazza principale del borgo, la poderosa Rocca, un fortilizio a forma di triangolo equilatero con tre torri comunicanti tra di loro.

Nei forni a legna di questo piccolo borgo medievale non si cuoce solo la porchetta: nello stesso momento si prepara un altro piatto tipico, secondo una ricetta tramandata di generazione in generazione: il Cicotto di Grutti. I primi cenni storici al piatto tipico risalgono al Cinquecento, quando col termine si indicava la zampa del maiale.
Ancora oggi, infatti, il cosciotto è ingrediente principale della preparazione di piatti simili in tutta l’Umbria, ma a Grutti vengono utilizzate anche altre parti dell’animale, rigorosamente proveniente dalla Media Valle del Tevere e alimentato a cereali. Sta qui una delle particolarità del cicotto: dagli zampetti alle orecchie, dalla trippa alla lingua, tutti i tagli vengono lavati e sezionati per prepararli alla cottura. Le carni, poste in un recipiente, vengono a questo punto messe in forno a 200 gradi, dove rimarranno per 9-12 ore. La cottura del cicotto avviene nello stesso forno in cui è stata messa a cuocere la porchetta: saranno proprio il grasso e i liquidi di cottura che coleranno durante la preparazione della porchetta, sotto la quale la vasca per il cicotto è stata opportunamente posizionata, a cuocere le carni della specialità di Grutti.

Questa particolare preparazione dona alle carni succose che compongono il cicotto un sapore speziato e una nota vagamente affumicata.
Scolati il grasso e il liquido di cottura, e dopo averlo lasciato raffreddare, il cicotto è pronto per essere portatoina tavola, per essere usato per preparare sughi o altri piatti locali (accompagnati a lumache, fagioli o ceci), oppure per essere conservato.
Foligno, la città della Quintana, ha origini antiche, rintracciabili in eleganti architetture e preziosi dipinti. Non mancano curiosità storiche: qui fu stampata la prima edizione della Divina Commedia (1472). È anche la terza città della regione per numero di abitanti dopo Perugia e Terni.
Gli amanti del vino devono segnare sulla mappa Montefalco, il cui territorio, insieme a quello dei Comuni Giano dell'Umbria, Gualdo Cattaneo, Bevagna e Castel Ritaldi, fa parte dell'itinerario enogastronomico della strada del Sagrantino, un percorso per apprezzare uno dei vini più pregiati della terra umbra.
Montefalco prende il nome dalla passione per la caccia al falcone di Federico II che qui trascorse un anno intorno al 1249. Il nome Sagrantino, deriva dal latino sacer, perché si trattava di un vino sacro utilizzato per le feste della tradizione cristiana che scandivano la vita rurale e nasce nella versione passita. Verso metà del secolo scorso si comincia a vinificarlo e imbottigliarlo nella versione secca. Visita la Chiesa di San Francesco, oggi museo, la Chiesa di Sant'Agostino e il Palazzo Comunale.
A spasso per il borgo, tra mura di pietra rosa lungo i vicoli che scendono dalla Piazza del Comune, tralci di vite vi racconteranno un'antica presenza di orti e vigne domestiche: all'interno del Convento di Santa Chiara si trova anche una pianta di sagrantino ultracentenaria.

Un assaggio di tradizione locale si può provare con gli Strangozzi al sugo d'oca, oca arrosto e ‘ntorta, dolce sfoglia con mele, noci e frutta candita, da abbinare ai calici di vino.
Se nel Rosso di Montefalco il sangiovese è l'attore protagonista, quando si sorseggia il Sagrantino Docg si scopre un vino scuro di grande struttura con una importante trama di tannini, che in versione dolce bilancia perfettamente le sue naturali parti più dure. Tale ricchezza di polifenoli lo presta ad un lungo invecchiamento.
Il percorso può continuare fino alle pendici dei Monti Martani, zona vitivinicola rinomata fin dai tempi dell'antica Roma, oggi coltivata a trebbiano, grechetto e sangiovese: in cima alla collina troverete Castel Ritaldi. Il borgo domina un territorio in gran parte agricolo in cui scorgi boschi, vigneti ed uliveti. Tra le visite da non mancare, la romanica Pieve di San Gregorio, il rinascimentale santuario della Madonna della Bruna e la medievale chiesa di Santa Maria. Qui si può assaggiare anche il Trebbiano Spoletino, coltivato quasi esclusivamente nell'ampia zona tra Spoleto, Foligno e Montefalco, fresco e fruttato ma abbastanza alcolico e dalla spiccata acidità.

Il viaggio in queste terre del vino può continuare verso il borgo di Giano dell'Umbria cinto da mura medievali che conservano le tracce romane e rinomato anche per il suo olio: Dop Umbria dei Colli Martani. Prima di cercare il panorama di tutta la vasta pianura dal Monte Martano vi consigliamo di vistare l’abbazia di San Felice e la chiesa di San Francesco.
Continuiamo il viaggio per dedicarci a Nocera Umbra, che ha anche un'antica tradizione di stazione termale: a Bagni di Nocera, infatti, sgorgano le acque della sorgente Angelica. Sellano è il punto di partenza perfetto per esplorare i dintorni punteggiati da castelli storici, mentre Spello è molto famosa per i vicoli fioriti e per le “infiorate di spello”, manifestazioni uniche in cui i fiori colorati di trasformano in veri e propri quadri artistici.
Situata tra Foligno e Spoleto, Trevi si erge sui pendii del Monte Serano. Chiese, torri e palazzi disegnano il profilo nobile di questo borgo che dai suoi 412 metri di altezza offre uno spettacolo mozzafiato sulla via Flaminia. Il paesaggio è molto suggestivo, fatto anche di vigneti, dai quali viene prodotto il noto Trebbiano, di orti, importanti per la produzione del rinomato sedano nero e di meravigliosi oliveti.
La storia di Trevi, infatti, ha sempre ruotato intorno alla produzione dell'olio, tanto che in un antico codice del IX sec. si racconta che Sant'Emiliano, vescovo di Trevi, fu "legato ad una giovane pianta di olivo" e poi decapitato. L'olivo cui fu legato venne in seguito identificato con un maestoso albero di Bovara, una frazione di Trevi. Soprannominato "Olivo di S. Emiliano", è stato recentemente censito come pianta protetta, essendo probabilmente il più antico ulivo dell'Umbria, unico sopravvissuto così a lungo nonostante le galaverne, o gelate, che si sono succedute negli anni. Questo meraviglioso albero è stato anche recintato per permettere ai turisti di andare a vederlo senza danneggiarlo.
L'olio di Trevi è molto pregiato e di qualità: l'80% di olive utilizzate per la sua produzione è di Moraiolo, il 15% di Frantoio, e solo il 5% di Leccino e/o di altre varietà. A rendere particolarmente popolare quest'olio millenario contribuisce anche il clima che nei mesi invernali è molto freddo, per questo motivo non si sviluppa la famosa "mosca delle olive" che è causa di tanti danni in altre zone d'Italia. La raccolta delle olive avviene manualmente e queste vengono portate al frantoio il giorno stesso; per evitare che si danneggino non devono infatti trascorrere più di dodici ore dal raccolto alla lavorazione. Il periodo migliore per raccogliere i frutti è tra ottobre e dicembre, quando le olive cambiano colore e diventano rosse-violacee. Grazie anche all'estrazione "a freddo", l'olio che si produce ha sapori molto intensi e fruttati.

Ogni anno la Società Agricola Trevi Il Frantoio, un'associazione di più di 59 olivicoltori trevigiani, organizza la"Festa dell'Olio", un evento interamente dedicato all'olio di Trevi e alle sue proprietà benefiche. Oltre alle degustazioni, ai partecipanti viene anche insegnato come riconoscere un buon olio d'oliva extra vergine per evitare di cadere in inganno al momento dell'acquisto.

In questa terra fertile nasce anche il famoso Sedano nero di Trevi. Nella tradizione locale si vuole che la messa a dimora dei piccolissimi semi neri di sedano avvenga nel giorno della vigilia della Pasqua e che vengano lasciati a germogliare fino a quando la pianta non raggiunge l'altezza di trenta centimetri. Da questo momento e con estrema cura si effettua un progressivo rincalzo (ancora oggi per gran parte manuale) che permette di avere subito dopo l'estate larghe coste dal colore e profumo intenso e coinvolgente. Il sedano nero di Trevi, coltivato in zona fin dal XVII secolo, è uno dei sei Presidi Slow Food della regione. Tra le ricette più gustose, da mangiare a Trevi in ottobre, i sedani ripieni di salsiccia e si svolge anche la "Mostra mercato del Sedano Nero e della Salsiccia" e la rievocazione storica "Scene di vita medievale". In novembre, invece, "Frantoi Aperti" celebra il prodotto tipico d'eccellenza, l'olio, e ti offre la possibilità di conoscerlo e assaggiarlo direttamente in frantoio
Bella da visitare anche la Valtopina, che viene considerata la porta di accesso al Parco del Monte Subasio.

Lenticchie - Quanthem
Lenticchie - Quanthem

Valnerina - Cascia

Il lato verde dell’Umbria resta pienamente visibile nella zona della Valnerina - Cascia con i suoi percorsi escursionistici collinari e montani, le sorgenti d'acqua, gli antichi santuari e chiese, la scoperta delle città natali di Santa Rita e San Benedetto. Questa zona è perfetta per gli appassionati food lover in cerca di emozioni: preparatevi a un viaggio di scoperta tra norcini, casari e tartufari.
La Valnerina è la valle del fiume Nera, un corso d’acqua che ha le sue sorgenti sui Monti Sibillini, nelle Marche, ma che scorre prevalentemente in Umbria, del quale attraversa da est a ovest la parte meridionale. È una zona ricca di storia, di tradizioni e con un paesaggio dove regna sovrana una natura incontaminata. In questo territorio si alternano imponenti masse rocciose, boschi, e vallate molto fertili con numerosi pascoli, aziende agricole e campi coltivati. Non è un caso, infatti, che le principali risorse economiche di questa zona siano state da sempre l'agricoltura e la pastorizia, motivo per cui, tutt'oggi, vanta un gran numero di prodotti tipici.
Molti tesori si nascondono nei suoi boschi. Il prodotto della terra per eccellenza, infatti, è il tartufo, che rappresenta un altro fiore all'occhiello della zona e dell’intera regione. Sono tre le specie di tartufi presenti in Valnerina: Il Tartufo Nero Pregiato di Norcia, il Tartufo Estivo e il Tartufo Invernale. L'abbondanza di questo prodotto nei boschi di questo territorio è il motivo per cui entra spesso nelle ricette della tradizione gastronomica umbra: è usato come condimento per la pasta, per donare sapori particolari a formaggi e insaccati, o per preparare piatti come l'agnello al tartufo nero, sintesi perfetta delle tradizioni della Valnerina. Per gli amanti del tartufo, l’appuntamento da non perdere è la Mostra Mercato del Tartufo Nero di Norcia, organizzata ogni febbraio, che vi permetterà di acquistare i migliori tartufi direttamente con i produttori.
Nel cuore del parco nazionale dei Monti Sibillini, ecco proprio la perla di Norcia: la città è, a ragione, considerata la patria della norcineria, l’arte di lavorazione delle carni suine che alla città deve il proprio nome: nella zona sono ancora numerose le cosiddette "norcinerie", botteghe in cui lavorano i “norcini”, cioè gli addetti alla lavorazione delle carni di maiale secondo il metodo tradizionale. Qui nelle norcinerie si producono tutti i tipi di insaccati, dal salame al capocollo, dalla lonza fino ai tanti altri prodotti unici della tradizione norcina. I due prodotti tipici per eccellenza, vere e proprie pietre miliari, sono il prosciutto di Norcia, dal 1998 marchio IGP e il pecorino di Norcia.

Vi consigliamo, inoltre, di assaggiare uno dei piatti più buoni di questa zona, che viene proposta da molti ristoranti: la Strapazzata di uova e tartufo. Per prepararla, viene fatto imbiondire in padella uno spicchio di aglio in camicia con l’olio umbro, poi, si toglie l’aglio e si grattugiano i tartufi, lasciando insaporire. Infine si aggiungono prima gli albumi, e poi i tuorli, lasciando la preparazione morbida, profumata e cremosa. Si tratta di un piatto semplice ma di grande effetto, grazie all’eccellenza degli ingredienti locali.
Un altro piatto della tradizione è l’Agnello al tartufo nero, che si prepara facendo soffriggere la carne in padella con l’aglio, per poi sfumarla con un bicchiere di vino bianco. La cottura dura circa venti minuti. A parte, si pesta uno spicchio d'aglio con un cucchiaio di capperi ben lavati ed un cucchiaio di aceto e lo si unisce all’agnello per completare la cottura. Il piatto viene reso ancora più ricco grazie a una salsa tartufata a base di tartufi, olio extravergine di oliva umbro, qualche goccia di limone, sale e pepe. Una vera delizia.

Se, invece, preferite i primi piatti, ecco gli Gnocchi con ragù di agnello, che si preparano col metodo delle patate cotte con la buccia, per mantenerne il sapore. Iniziate mettendo a bollire le patate con la buccia; una volta cotte, scolatele e pelatele. Il ragù viene preparato con la carne tagliata a pezzettini, insaporita con gli odori e sfumata col vino rosso. Si termina il piatto con una generosa spolverata di pecorino grattugiato.
La città è circondata da montagne che arrivano ad oltre 2000 metri di altezza, autentico paradiso per escursionisti e sciatori. Tra le montagne, in grandi anfiteatri pianeggianti, si producono le lenticchie di Castelluccio di Norcia IGP, uno dei vanti umbri, famose per le piccole dimensioni e per il sapore inconfondibile. Sono coltivata sui Piani carsici di Castelluccio di Norcia, circa 20 km quadrati di terreno a circa 1.500 metri di altitudine, all’interno del Parco Nazionale dei Monti Sibillini. Le rigide condizioni climatiche in cui cresce, fanno sì che non sia necessario alcun trattamento per la conservazione. È un legume molto antico: sono stati trovati semi di questa coltivazione in tombe neolitiche del 3000 a.C.
La Lenticchia di Castelluccio di Norcia IGP è una delle protagoniste della famosa “fioritura” dei piani di Castelluccio, evento naturale che tra fine maggio e luglio offre uno spettacolo suggestivo di colori e profumi. Ogni anno, tra inizio giugno e fine di luglio, migliaia di turisti affollano i Piani di Castelluccio di Norcia per assistere al fenomeno naturale. Il colpo d’occhio è eccezionale: papaveri, fiordalisi, margherite, violette, lenticchie, narcisi, genzianelle e tante altre specie spontanee creano un meraviglio mosaico di colorata bellezza e di profumi inebrianti.
Non tutti però sanno che, tra le coloratissime infiorescenze che abbelliscono il Pian Grande, quelle bianche con sfumature celesti nascondono un segreto.
Sono questi, infatti, i fiori della pianta della Lenticchia di Castelluccio di Norcia, uno dei prodotti più rinomati della zona. Questi legumi, di piccole dimensioni e appiattiti, vengono ottenuti utilizzando tecniche di coltivazione immutate nei secoli: all’aratura e all’erpicatura primaverili segue la semina (al massimo fino alla metà di maggio). Le condizioni meteorologiche tipiche dell’altipiano consentono una rapida maturazione delle piante, il che permette agli agricoltori di procedere alla raccolta (detta “carpinatura” quando fatta a mano) già ad agosto, e all’essiccazione delle piante prima dei rigori autunnali.
Uno dei tratti distintivi di queste lenticchie è dato dalla loro buccia, particolarmente sottile e tenera: caratteristica che permette di poterle preparare in una ventina di minuti, peraltro senza doverle ammorbidire in acqua. Questo non impedisce tuttavia che la lenticchia mantenga facilmente la cottura, rendendola adatta sia per minestre o zuppe, sia come semplice contorno.

Con questo pregiato ingrediente si prepara la Zuppa di lenticchie di Castelluccio di Norcia IGP. Si prepara sminuzzando e facendo rosolare la cipolla, la carota, la patata ed il sedano con aglio, salvia e un filo d’olio. Si aggiungono lenticchie precedentemente lavate e si coprono abbondantemente con acqua fredda. Una volta che l’acqua bolle, si fa cuocere per circa 40 minuti, con un po’ di salsa di pomodoro. Il piatto viene presentato togliendo l’aglio e accompagnandola con una fetta di pane abbrustolito e un filo dell’ottimo olio umbro.

La zona della Valnerina è famosissima anche per lo Zafferano Purissimo di Cascia.
La preziosa spezia, che si trova in tutta la regione, arricchisce i piatti umbri con il suo aroma avvolgente, ricco di proprietà benefiche e curative per l'organismo.
La produzione di “oro rosso”, come viene chiamato, interessa l'Umbria fin dai tempi molto antichi; nel famoso poemetto ‘‘De croci cultu'', Pierfrancesco Giustolo (1499) descrive minuziosamente la pratica colturale dello zaffarame riprendendo quanto scritto in numerosi Statuti dei Comuni umbri già dal XIII secolo. Nel medioevo lo zafferano era prezioso principalmente per la tintura dei tessuti pregiati, grazie al tipico color giallastro, derivante dal colore del pistillo. Sembra che anche il Perugino, lo utilizzasse per dipingere i suoi affreschi. Il costoso prezzo, oggi come in passato, è proporzionale al fine e minuzioso lavoro svolto tutto manualmente per ottenere il prodotto finale. Nel medioevo, per rendere l’idea, l’acquisto di un cavallo veniva pagato con circa 500 grammi di zafferano.

Ogni grammo di zafferano è composto da circa 200 stigmi, raccolti nel breve periodo di fioritura nelle prime ore del giorno, sfruttando il momento di apertura dei fiori, così da non causare traumi alla pianta. Dopo una minuziosa selezione, o viene essiccato in modo naturale o si passa alla tostatura affinché il fiore assuma una consistenza polverosa. Oggi, per fortuna, sono numerosissimi sono i consorzi di produttori e le associazioni che portano alto il nome dello zafferano umbro, motivo d'orgoglio per la Regione.

Con lo zafferano umbro non si condiscono solo pasta e risotti ma, a sorpresa, lo troviamo anche in ricette dolci, come i Tozzetti allo zafferano. Questi deliziosi biscotti tradizionali si preparano mettendo gli stimmi di zafferano in una tazzina con acqua calda per 2 ore. Quest’acqua preziosa servirà ad amalgamare un impasto a base di farina, grattugiata del limone, uova, strutto, mandorle e nocciole. I biscotti, cotti in forno, si accompagnano bene con un calice di Sagrantino di Montefalco Passito DOCG o del Vin Santo di Trevi.

Oltre a visitare Cascia, la città di Santa Rita, vi consigliamo una visita anche a Ceretto di Spoleto è noto come il “paese dei Ciarlatani”: nel 1612 nel vocabolario della Crusca gli abitanti di questo borgo erano definiti "Coloro che per le piazze spacciano unguenti, o altre medicine, cavano i denti o fanno giochi di mano che oggi più comunemente dicesi Ciarlatani […]”. Tracce dell’antica storia di questo piccolo centro si trovano anche nelle sue numerose chiese e nelle notevoli raccolte documentali sulle tradizioni popolari e i mestieri di un tempo.

Il gioiello di Monteleone è, invece, senza dubbio la biga, un carro da parata, straordinario prodotto di officine etrusche datato intorno al 540 a.C. Il telaio in legno di noce è rivestito da lamine di bronzo dorato lavorate a sbalzo con episodi legati alla figura dell'eroe greco Achille. La biga faceva parte del corredo sistemato nella tomba a tumulo del ricco principe locale e oggi rappresenta il pezzo più prestigioso della collezione etrusca del Metropolitan Museum di New York, che gli americani chiamano "Golden Chariot", Carro d'Oro.

Dirigendosi verso la zona dell'Altopiano di Chiavano, al confine con il Lazio, è facile incontrare numerosi pascoli, destinati agli allevamenti sia di bovini da latte che di ovini. Sono ancora visibili gli antichi percorsi della transumanza, che i pastori percorrevano quando in inverno emigravano verso le pianure del Lazio, per poi tornare in altura con la bella stagione. Tra i formaggi d'eccellenza di questa zona si distinguono il pecorino, la ricotta salata della Valnerina e il formaggio al Tartufo Nero di Norcia.
La ricotta salata della Valnerina, dal 2019 è Presidio Slowfood. Si tratta di un formaggio a pasta bianca e compatta e senza crosta, ed è ancora oggi prodotta, come da tradizione, con solo latte ovino ottenuto da greggi pascolate nella zona della Valnerina e senza utilizzare mangimi.

Le origini di questo prodotto caseario unico si rifanno ai ritmi della transumanza, ai tempi in cui l’allevamento di ovini e caprini era ancora tra le maggiori attività economiche per le popolazioni dell’ Alta Valle del Nera. Alla fine dell’estate, in vista del ritorno verso i pascoli invernali nel Lazio, i pastori avevano l’esigenza di conservare e trasportare i prodotti della lavorazione del latte. Tra questi, la ricotta, che veniva sistemata in un sacco di canapa, strizzata per eliminare la parte liquida, salata (e coperta con erbe spontanee o crusca in alcune varianti) e lasciata asciugare appesa, nelle cantine o nei locali di stagionatura del formaggio, per un periodo che va dai 15 giorni ai 5 mesi. Ed è proprio durante il periodo di stagionatura che la tela di canapa, sformata dal peso del suo prezioso contenuto, dà alla ricotta la sua caratteristica forma “ a pera”, stretta ad una estremità e più larga all’opposta. A seconda del grado di stagionatura, la ricotta salata della Valnerina può essere consumata in vari modi: se è ottima condita con olio e pepe dopo pochi giorni di stagionatura, il più duro prodotto stagionato può essere grattugiato, perfetto per un piatto di pasta o per la variante umbra di una ricetta tradizionale dell’Italia centrale, l’acquacotta.

Toglie il fiato per la sua bellezza la vista di Poggiodomo, borgo antico arroccato su uno sperone di roccia, così come è circondato dal verde Sant’anatolia di Narco, anche detto il Borgo del Drago. Preci è detto, invece, il borgo dei chirurghi perché a partire dal 1200 e per tutto il Medioevo divenne un fiorente centro di sviluppo della scuola chirurgica preciana in tutta Europa. Delizioso per le sue vie curate Scheggino, nel cuore della Valnerina, per tornare all’imponenza di Vallo di Nera, che rappresenta il tipico impianto urbano medievale.

Tartufo nero - Addictive Stock/iStock
Tartufo nero - Addictive Stock/iStock
Zafferano - Biserka Stojanovic/iStock
Zafferano - Biserka Stojanovic/iStock

Spoletino

E veniamo ora allo Spoletino, che conferma la presenza di borghi bellissimi e immutati dallo scorrere del tempo. Campello sul Clitunno è un borgo fortificato su due livelli, che custodisce un vero gioiello: le Fonti del Clitunno, un insieme di sorgenti già famose in epoca romana, che formano un laghetto da cui nasce il piccolo fiume Clitunno. Poco distante si trova il Tempietto del Clitunno eretto nel V secolo d.C., riconosciuto Patrimonio Mondiale dell'Umanità dall'Unesco come parte del sito seriale "I Longobardi in Italia: i luoghi del potere (568-774 d.C.)". La zona è costellata di luoghi da visitare, come Castel Ritaldi, ai piedi dei Monti Martani e Giano dell’Umbriache offre una splendida vista sulla valle del Clitunno.

Una trattazione a sé merita Spoleto, è tra le più affascinanti città d'arte dell'Umbria. Più di 2000 anni di arte e cultura ed eventi internazionali la rendono un luogo di bellezze uniche. Si estende sul colle Sant'Elia, ai piedi del bosco sacro di Monteluco. È famosa per eventi prestigiosi, come il Festival dei Due Mondi.


A queste terre si collega anche il Trebbiano Spoletino, particolarmente famoso, è un vitigno che fa parte della grande famiglia dei trebbiani, una delle uve a bacca bianca più coltivate in Italia. Nonostante il nome, però, bisogna notare che non si hanno notizie storicamente certe a proposito della sua origine, la prima testimonianza che lo racconta e che lo descrive è ad opera del Francolini nei suoi "Bollettini Ampelografici" del 1878. È certo che però sia coltivato unicamente in Umbria, dove ha trovato la sua terra d'elezione. È coltivato quasi esclusivamente nell'ampia zona che da Spoleto porta a Foligno e Montefalco, in provincia di Perugia. Il Trebbiano Spoletino, quando vinificato in purezza, dà origine ad un vino caratterizzato da profumi piuttosto fruttati, fresco, abbastanza alcolico e dalla spiccata acidità. Per quest'ultima caratteristica si presta abbastanza bene alla produzione di vini spumanti. Utilizzato anche in assemblaggio ha trovato a Spoleto il suo habitat naturale dove viene vinificato quasi esclusivamente in purezza.

Una delle specialità da non perdere in questa zona è la Crescionda Spoletina: ogni famiglia ha la sua versione, tanto è vero che si usa dire “Casa che vai, Crescionda che trovi”. Si tratta di una tipicità dolciaria propria del famoso e colorato Carnevale spoletino, ma che ormai viene preparata in ogni periodo dell’anno. Il nome deriva da “crescia unta”, ovvero “focaccia oleosa” - per la sua consistenza morbida e l’aspetto lucido - anche se non risulta che l’olio sia mai stato utilizzato nella sua preparazione.

Dalle ricerche storiche si è scoperto che la Crescionda affonda le sue radici nel Medioevo. Un’antica versione, oltre al cioccolato, prevedeva addirittura l’utilizzo del brodo di gallina, pangrattato e formaggio pecorino. Un sapore agrodolce che poi, nel corso dei secoli, si è decisamente evoluto insieme alla più moderna idea di dessert: oggi la Crescionda viene preparata con latte, uova, cioccolato fondente e amaretti. La particolarità è data dai suoi tre strati che si formano spontaneamente durante la cottura. Quasi una torta magica dunque, delicata, aromatica, cremosa. Un dolce che sa stupire e che racconta il lato gustoso della bella Spoleto.

Ternano

Il nostro viaggio giunge quasi al termine, ma non senza prima ammirare lo straordinario spettacolo della Cascata delle Marmore, oppure aver praticato canottaggio, rafting, torrentismo, arrampicata sportiva ed escursioni speleologiche nel parco fluviale del Nera. Piccoli borghi che conservano importanti testimonianze in un'area di un’Umbria ricca di attrazioni.

Acquasparta è un centro di grande cultura, soprattutto sotto la signoria dei Cesi, raggiunse il suo apice con la fondazione nel 1603 dell’Accademia dei Lincei, la prima scuola scientifica in Europa; non a caso ospitò anche Galileo Galilei. Qui, da non perdere gli splendidi itinerari di trekking sui Monti Martani. Arrone è frutto della visione del nobile romano Arrone che, alla fine del X secolo si impossessò di uno dei promontori rocciosi che si ergevano sull’attuale Valnerina e fece costruire un castello fortificato, primo nucleo del paese.

Calvi dell’Umbria è conosciuto come il "paese dei presepi" e anche i muri delle antiche case sono infatti abbelliti dai murales raffiguranti la Natività, opera di noti pittori italiani e stranieri che ogni anno, dal 1982, arrivano a Calvi per affrescare le pareti delle antiche case cittadine, creando una galleria di dipinti murali a cielo aperto.

In questa zona spiccano anche i borghi di Montefranco, Narni, Polino, San Gemini, Stroncone e Ferentillo. C’è anche Otricoli, che si trova sulla sommità della collina che sovrasta l’area archeologica, nello stesso luogo occupato dalle popolazioni preromane: una posizione dominante, su un lungo tratto della valle del Tevere, che imprime all’insediamento urbano l’aspetto di roccaforte da cui derivò il suo nome.
Menzione a parte merita Terni, una città contemporanea e all’avanguardia, che si distende in una vasta pianura alla confluenza del fiume Serra con il fiume Nera. A partire dalla seconda metà dell'800, la città fu partecipe, tra le prime in Italia, di quella rivoluzione industriale che le ha valso l'appellativo di "Manchester italiana", grazie all'enorme fonte di energia delle Cascate delle Marmore.

Terni è famosa per il suo pane, una vera icona umbra di lavorazione artigianali. Questo prodotto dimostra come spesso siano i sapori più semplici quelli che portiamo nel cuore.
Tra i piatti da provare in questi luoghi ci sono le Ciriole alla ternana, piatto "povero" della cucina umbra. Si tratta di un tipo di pasta allungata, simile ai pici toscani, con forma di serpentelli. Fatte a mano, le Ciriole non contengono uova, ma acqua e farina e il nome deriva da "cereus", cioè bianco come la cera, proprio per il colore tipico della pasta senza uovo. Si condiscono di solito con una salsa di pomodoro insaporita con aglio, prezzemolo e peperoncino.
Sotto Natale, ma non solo, vi consigliamo di provare il Panpepato di Terni, un dolce a base di frutta secca, uvetta, canditi e miele Questo dolce ternano risale al 1500 ma sembra abbia origini ancora più antiche. Un vero e proprio concentrato di energia che lo rende, infatti, un dolce molto apprezzato durante il periodo natalizio. Ogni famiglia ha una propria rivisitazione, anche per questo è considerato un dolce popolare. Il panpepato della città di San Valentino ha ottenuto la denominazione Igp nel 2020.

Nei dintorni, infatti, da non perdere proprio la visita alla Cascata delle Marmore, la più alta d'Europa, il lago di Piediluco, posto tra alture ricoperte di lecci, meta ideale per appassionati di velismo, canottaggio e sci acquatico. Sulle sponde del bacino si allunga il caratteristico paesino di pescatori con case colorate, mentre dalle acque del lago si eleva un monte di forma conica noto come Montagna dell'Eco per l'eccezionale fenomeno della ripetizione che può arrivare fino a due endecasillabi. Le zone umide del Recentino e di San Liberatore, infine, sono piccole oasi frequentate da flussi di uccelli migratori e danno vita ad un ecosistema ideale per flora e fauna.

Insomma, come avrete capito, l’Umbria vi attende per un viaggio indimenticabile all’insegna, della cultura, della natura, dell’arte, del divertimento, del relax e delle eccellenze locali!

In copertina: tartufo nero

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