Ma nulla di tutto ciò ha mai avuto importanza. Il Chelsea era una “casa di infinita tolleranza”, dove le cameriere disturbavano raramente gli ospiti con l’aspirapolvere, come spiega Arthur Miller nel suo saggio The Chelsea Affect. Gli ospiti sostituivano l’arredo delle camere, personalizzandole e trasformando ogni angolo del vecchio edificio in un favoloso ed improbabile bric-à-brac. La grinta e l’anima dei suoi ospiti hanno reso l’hotel leggendario, proprio come i loft di Soho negli anni ‘80, le villette del Village negli anni ‘60 o i magazzini di Williamsburg negli anni 2000.
Cercare di rivisitare questi decenni mitici significa voler tornare giovani, quando si rinunciava volentieri a certe comodità in cambio di una boccata di vita colma di sorprese, con la promessa di non sapere assolutamente cosa sarebbe successo il giorno dopo.
Ma vogliamo davvero tornare indietro? O vogliamo solo viaggiare nel passato da turisti, evitando tutti i dettagli sgradevoli? Perché se l’Hotel Chelsea è il luogo dove Bob Dylan rimase sveglio per giorni per scrivere Sad Eyed Lady of the Lowlands per la moglie Sara, dove Miller resuscitò il fantasma di Marilyn Monroe per l’opera teatrale Dopo la caduta, e dove Patti Smith scoprì la vita e la poesia in compagnia di Robert Mapplethorpe, è anche il luogo dove Dee Dee Ramone attirava eroinomani come una calamita, dove Dylan Thomas trascorse gli ultimi giorni di una vita torturata e dove Nancy Spungeon morì dissanguata per una coltellata allo stomaco, probabilmente inferta da Sid Vicious, il bassista dei Sex Pistols. Proviamo a chiedercelo di nuovo. Vogliamo davvero tornare indietro?
Ad ogni modo l’iconico edificio è stato irrimediabilmente cambiato e reinventato dal celebre trio di designer composto da Sean MacPherson, Ira Drukier e Richard Born, che lo hanno trasformato in uno dei boutique hotel di lusso incredibilmente cool che sono il loro marchio di fabbrica. Definire controversa questa nuova direzione è un eufemismo. Molti abitanti di New York (in particolare gli inquilini di lunga data del Chelsea) volevano che l’hotel rimanesse com’era, accessibile a un’intera nuova generazione di artisti. Un nobile obiettivo, che forse valeva la pena di sostenere, ma non è mai stato chiaro se ci fosse davvero un progetto di tutela.
New York è cambiata, e anche i suoi luoghi iconici non sono più gli stessi. Ma più che il suo periodo bohemien, gli interni richiamano l'epoca della nascita del Chelsea, e cioè l’inizio del Novecento, quando molti immobili residenziali appartenenti alle cooperative furono trasformati in residence. L’hotel fa tesoro della sua mitologia pop, ma non ne dipende. Per l’hotel è un nuovo inizio, una nuova possibilità di creare altri cento anni di storia culturale. Proprio per questo, il Chelsea è una delle novità alberghiere più celebrate degli ultimi decenni.
Un solo filo conduttore, da Mark Twain a Madonna
Siamo di fronte al restauro storico di cui si sentiva il bisogno, nel panorama alberghiero americano, soprattutto se pensiamo al tipo di hotel in cui ci si imbatte nel vecchio continente. Gli USA non hanno ancora un patrimonio di hotel storici e in questo paese, più che per la loro età o nobiltà, gli hotel più noti si distinguono per il comportamento imprevedibile dei loro ospiti famosi. Il Chelsea combinava questa libertà morale con un’incredibile atmosfera di feconda creatività artistica. Al Chelsea Jack Kerouac scrisse alcune parti di Sulla Strada, Warhol usò l’albergo come scenario cinematografico e Arthur C. Clarke lavorò qui alla sceneggiatura di 2001: Odissea nello spazio. Ma la lista potrebbe continuare.
Seguire la storia dell’hotel significa tracciare un filo conduttore nella cultura pop americana che va da Mark Twain a Madonna: tutti hanno soggiornato al Chelsea e molti ne hanno parlato in termini a volte entusiastici, a volte apocalittici, ma sempre trasmettendo l’immagine di una comunità vivace e creativamente feconda.
Un filo che si è spezzato nell’ultimo decennio. Dopo la vendita del 2011 e il passaggio di mano tra proprietari più o meno recalcitranti, il Chelsea era ormai un edificio storico fatiscente, con una tradizione durata 120 anni ma ormai quasi estinta. Nel 2022, affidato a chi gestiva da tempo luoghi iconici come il Maritime e il Bowery, è stato protagonista della più attesa riapertura di New York. Solo due anni dopo, si è dimostrato all’altezza delle incredibili aspettative, guadagnandosi l’ambita Chiave MICHELIN.
Ma non tutto è cambiato al Chelsea. L’atrio, meno caotico di un tempo, è ancora un mix di opere d’arte moderne e astratte, regali di ospiti e inquilini che nel corso degli anni hanno notoriamente pagato il loro soggiorno con le loro opere, quando i contanti scarseggiavano. Questo vale anche per il piano superiore, dove non troverete William Burroughs che borbotta nei corridoi, ma camere arredate con opere provenienti dalla sterminata collezione dell’hotel. Un modo per rispettare lo spirito di sempre, ma con una maggiore attenzione al design degli interni.
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Il Chelsea oggi: come un condominio eclettico
Le camere vanno dalla modesta Petite Chelsea alla spaziosa Suite con due camere da letto. Ma all’interno di entrambe, e in tutte le sistemazioni intermedie, troverete uno stile unico e dal sapore bohemien, con tappeti dalle tonalità viola e sedie leopardate da abbinare a morbide testate decorate come una tela schizzata di vernice. Le tende non sono strappate come ai tempi dei Sex Pistols, ma piene di piccoli buchi grandi come monetine, per strizzare affettuosamente l’occhio agli eccessi delle rockstar. L’effetto è quello di una bella luce diffusa che entra delicatamente nella stanza al sorgere del sole.
Il tutto si traduce in un Hotel Chelsea che sembra più un eclettico condominio di New York che uno dei suoi alberghi più trendy. Salendo sul rooftop potrete anche vivere un’autentica esperienza zen, nella splendida spa con giardino sospeso.
Questo è lo scenario nei piani superiori. Al pianterreno, aspettatevi un clima più elettrizzante. Il Lobby Bar è un punto di ritrovo innegabilmente scenografico, il tipo di luogo in cui vedrete signore impellicciate uscire per fumare una sigaretta, tra un sorso e l’altro di un cocktail d’autore. Il Cafe Chelsea è il bistrot franco/americano, dall’atmosfera più informale, mentre El Quijote è il ristorante storico (aperto per la prima volta nel 1930), con il suo affresco che raffigura dei mulini a vento e il menù spagnolo. Gli abitanti del quartiere devono prenotare per evitare di essere respinti quasi ogni fine settimana, ma gli ospiti dell’hotel hanno la fortuna di avere un accesso prioritario e riservato fino all'ultimo minuto.
Con la sua nuova offerta, l'Hotel Chelsea ha riportato in auge questo piccolo tratto della 23a tra la Settima e l’Ottava, rendendolo alla moda come non mai. Tra le novità ci sono i balconi in ferro battuto che avvolgono l’iconica facciata in mattoni rossi. I balconi originali erano noti per la mancanza di divisori e gli animali domestici degli ospiti potevano vagare da una stanza all’altra. Una metafora di ordine e decoro - anche se non degna di Dylan - per la nuova era dell’hotel al 222 della 23a West.
Foto di copertina: Esterni dell'Hotel Chelsea/ ph. Annie Schlechter e Eric Medsker/© The Hotel Chelsea