Ognuno di noi ha il proprio piatto prediletto: una sorta di rifugio, nel quale sprofondiamo per avere quella sensazione di conforto. Il tempo uggioso, una giornata snervante, il morale a terra, o semplicemente il desiderio di regalarsi un momento di piacere sono tutte ragioni che, istintivamente, ci conducono verso un piatto “salvifico”. Ma non uno qualsiasi!
Un piatto speciale, non necessariamente complicato, che ci nutra e ci riscaldi, facendo vibrare una corda tanto intima quanto universale.
Durante tutto l'anno, gli ispettori della Guida percorrono il Paese, alla ricerca di gemme gastronomiche, ciascuna unica nel suo genere: questi esploratori epicurei sono internazionali, ricchi di percorsi professionali e culture culinarie singolari, il che permette loro di comprendere con competenza e curiosità le cucine di tutto il mondo.
Se li immaginiamo abituati a ristoranti stellati e ad altre tavole sofisticate, ciò non toglie che anche loro abbiano le loro preferenze e i loro comfort food, tra ricordi d'infanzia, texture memorabili e sapori caldi… A volte anche semplicissimi!

Il pollo della nonna, il mio fermo immagine
Se uno delle componenti più importanti a livello emozionale di un piatto è quello di riportarti all'infanzia, il pollo arrosto è uno di quelle ricette a cui non so resistere. Il segreto è semplicissimo: il ricordo rimanda alla mia adorata nonna, con mani esperte, cominciava la preparazione già dal primo mattino: olio extra vergine di oliva, sale, pepe, poco aglio e rosmarino… La cottura in forno o in teglia a fuoco lento sprigionava un profumo unico e totalmente invitante ed era anche il piatto che rendeva speciale un pranzo di famiglia, di solito quello domenicale. Il tutto si accompagnava benissimo con delle croccanti patate, vere delizie per un palato giovane e infantile.
Difficile ormai trovarlo nei ristoranti, ricetta troppo semplice mi verrebbe da dire, e figuriamoci in un locale stellato. E invece, sorpresa! Al Ristorante di Guido da Costigliole (1 stella MICHELIN) troviamo “il pollo ruspante cotto al forno”, ovviamente per due persone.
Sporzionato in sala, la carne è succulenta, tenera, saporita al punto giusto, con la pelle ben croccante ed un profumo che evoca souvenir d’antan.
Insomma, una sorta di tuffo nel passato.

Consolante e sfizioso, insomma: da leccarsi i baffi
Spesso il venerdì, è il giorno degli sfizi, la settimana volge al termine, ad eccezione delle lunghe trasferte internazionali, e il pranzo di questo giorno della settimana costituisce una sorta di “premio personale” lavoro svolto. Ecco che si arriva generalmente in una località non lontana dal domicilio, nel mio caso potrebbe essere la bella e golosa Emilia-Romagna, dove i salumi sono parte integrante della cultura.
Mi è capitato però di fermarmi anche la sera precedente, un giovedì uggioso e invernale, presso la Trattoria da Amerigo, 1 stella MICHELIN, di cucina tradizionale magistralmente eseguita e mi sono coccolato con un delizioso prosciutto di mora romagnola.
Due tagli differenti, pera e falsa pera: la parte grassa è abbondante e intensa con un gusto quasi minerale, un taglio più scuro e marezzato, nonché uno con colore più lineari e ampia parte grassa ma molto delicata… si scioglie letteralmente in bocca. A lato tigelle appena sfornate, calde e golose per accompagnare questa goduria!

Voglia di evasione… anche solo il tempo di un piatto
I platanos fritos, conosciuti anche come tostones, hanno origini antiche e sono diffusi in molte regioni tropicali del mondo.
In particolare, i platanos fritos sono molto popolari in America Latina e nei Caraibi. In Brasile, ad esempio, sono una parte fondamentale della cucina locale. In Repubblica Dominicana, vengono chiamati tostones e sono spesso serviti come contorno o snack.
Anche in paesi come Cuba, Porto Rico, Ecuador e Perù, i platanos fritos sono un piatto tradizionale con diverse varianti regionali. Al di là del loro sapore intriganti, il mangisarli mi riconduce ad atmosfere esotiche e vacanziere, facendomi evadere mentalmente dalla routine giornaliera.
Ci vogliono le apposite banane, platanos appunto, che si trovano senza difficoltà nei negozi etnici delle città. In entrambi i casi vanno tagliati a rondelle e fritti in padella, al termine una spruzzata di sale a piacere, se sono "maduros" il risultato sarà di consistenza morbida e di gusto più dolce (platanos fritos), se sono più "verdes" si otterrà più consistenza e un sapore più astringente (tostones).
Ottime come accompagnamento di un arroz y frijoles o di un più sostanzioso macho asado, per esempio.
¡Buen provecho!

Zabaione, la mia madeleine
Tante qualità si richiedono ad un piatto. Non di rado addirittura un’emozione.
Eppure, perfino a noi Ispettori della Guida Michelin che abbiamo nella nostra esperienza centinaia e centinaia di ristoranti provati e, di conseguenza, migliaia di piatti assaggiati, di ogni sorta, capitano delle giornate in cui quel che chiediamo all’assaggio è semplicemente… una coccola.
Un momento di leggera abitudine che ci faccia sentire più leggeri. Questo è l’effetto che fa su di me uno dei miei dolci prediletti: lo zabaione.
Può sembrare un dolce molto semplice, e sotto molti punti di vista lo è. Gli ingredienti della ricetta classica, alla fin fine, son solo tre: tuorli d’uovo, zucchero e, a scelta, un goccio di Marsala o di Moscato dolce, da cuocere a bagno Maria sino a che si ottiene un composto vellutato. Però, per ottenere un risultato che sappia deliziare il mio palato, necessita innanzitutto di essere eseguito al momento, come si dice in termine tecnico, espresso, inoltre deve essere servito assolutamente caldo. Solo così la sua sinuosa cremosità ed il suo profumo inconfondibile di uova miscelate con una punta di liquore faranno godere il palato.
In un certo senso quando lo mangio apro due cassetti dentro di me. Uno è certamente quello più diretto e sensoriale del palato, appunto, che viene avvolto e coccolato dalla confortevole morbidezza della crema calda, morbida e golosissima. L’altro è un cassetto emozionale più nascosto, celato tra i ripostigli della memoria. Ci fu un periodo – infatti - quand’ero bambino, che la domenica mattina d’inverno, per la prima colazione, mio padre preparava i tuorli d’uovo sbattuti al cucchiaio con lo zucchero. In settimana, non c’era mai, pertanto quell’appuntamento settimanale diventava un rito speciale. Certo, in quel caso lo zucchero scricchiolava per bene sotto i denti ed in sé la crema di tuorli era fredda, ma la forza golosa e calorica era decisamente la stessa.
A ben vedere, quindi, ogni volta che assaggio uno zabaione realizzato a dovere è come ricevere due carezze: una per il palato, che mi sa strappare un sorriso, ed una più profonda al cuore, capace di farmi chiudere gli occhi e rivedere la piccola cucina della mia infanzia.

Tortelli di zucca alla mantovana: “e il naufragar m’è dolce” in questo piatto…
C'è un piatto che riassume la bellezza, la storia, la cucina e i miei sogni gastronomici: i tortelli di zucca. La specifica geografica mi spalanca gli occhi su una città monumentale ed elegante, affacciata sul Mincio che, rapito dal suo fascino, rallenta la corsa ingolfandosi nei tre laghi per regalarsi il tempo per ammirarla. Generò Virgilio, ma fu con i Gonzaga che divenne una delle corti europee più splendenti, ammirate e invidiate. Nelle sue campagne si coltivano le zucche che vengono mischiate ad amaretti, mostarda, parmigiano e spezie per creare uno dei primi piatti più golosi: salato nella posizione che occupa tra le portate del menù, dolce per contenuto.
Nei miei sogni gourmet, prima ancora di diventare ispettore Michelin, c'era un ristorante che andava provato più di tutti e a tutti i costi, perché era riuscito a trasformare quest'umile ortaggio in molto più di una carrozza - come nella fiaba di Cenerentola - era diventato un piatto da tre stelle. Della sera in cui andai a Runate, Dal Pescatore, 3 stelle MICHELIN, tutto è ancora impresso nella mia mente, per l'emozione di veder sublimato quel piatto ai più alti livelli.
La chiusura della pasta che, ricordando quella di una caramella, preannunciava nella forma la dolcezza della farcia, i tortelli affiancati nel piatto come soldati e la spolverata di parmigiano che pareva una nevicata sciogliersi al caldo del burro. Accadde nel 1998, è storia, ma anche presente e futuro di un piatto intramontabile.

Il Limone Sfusato Amalfitano, profumo di viaggio… sostenibile
Il Limone Sfusato Amalfitano, noto anche come Limone Costa d'Amalfi, è una varietà di limone coltivata lungo la Costiera Amalfitana. Famoso per le sue caratteristiche uniche e il suo legame con la cultura e la tradizione locale, tale frutto ha radici antichissime, risalenti ai tempi dell'Impero Romano ed è stato introdotto in Italia da mercanti mediorientali.
In questi tempi in cui gli spostamenti si vogliono sempre più sostenibili, spesso ci capita di viaggiare in treno, piccola opportunità di minor impatto ambientale ma anche grande possibilità di portare a casa un souvenir mangereccio.
Ecco, dunque, che - nella giusta stagione - non manco di tornare dalla trasferta con una piccola fornitra di limone sfusato amalfitano: un agrume dalle mille sfaccettature per la sua buccia carnosa e dolce, il suo sapore intenso e i profumi inebrianti…
La buccia più esterna si rivela eccellente per la produzione di un limoncello home made, mentre dopo alcune settimane di macerazione, il succo diventa un imprescindibile alleato nel condire il pesce al forno, insaporire un Virgin Mary oppure per preparare una marmellata da accostare ad alcuni formaggi.

Immagine di copertina: Comfort food - designed by Freepick