Questa struttura, che risale al XI secolo, è stata a lungo una residenza privata. La famiglia Ulfane, originaria del Sud Africa e residente a Londra, l'ha acquistata per avere un momento di pausa nella natura tra un viaggio e l'altro. L'opera di restauro è stata lunga e accurata, con il coinvolgimento di architetti e interior designer di fama internazionale come Federico Forquet, David Mlinaric e Hugh Henry.
Ogni azione di recupero - il borgo era semi-abbandonato prima dell'intervento della famiglia - è stata guidata da una sola intenzione: lasciare ad ogni pietra, stanza e pianta la sua anima originaria, senza azioni invasive. Ogni gesto è stato un segno di amorevole cura e tutela rispettosa.
Oggi, il Castello di Fighine resta la residenza privata di famiglia, ma alcune parti dello splendido borgo sono aperte al pubblico. Si possono prenotare per il soggiorno le due magnifiche ville - Melissa e Janine - che portano il nome delle figlie dei proprietari - oppure i tre appartamenti, Casa Rossa, Casa Vittoria, Casa Teatro. Ciascuna realtà è pensata per essere unica, con arredi su misura e diversi tra loro, perfettamente in linea con lo spirito "nobiliare" del luogo. Lo sguardo si perde tra tessuti antichi e tappeti di pregio, mobili intagliati a mano, fino a stampe artistiche e ceramiche d'autore.
Fiore all'occhiello, il ristorante Castello di Fighine, stella MICHELIN dal 2012, con la consulenza del tre stelle MICHELIN Heinz Beck e della sua società Beck&Maltese Consulting. Il resident chef è Francesco Nunziata, classe 1987, che negli ultimi quattordici anni ha seguito lo chef Beck con fedeltà. Ha trascorso quattro anni a La Pergola, per continuare con Apsleys-A Heinz Beck restaurant a Londra e con il Café Les Paillotes a Pescara, sempre sotto la consulenza di Beck.
Nel 2017 ha curato le aperture di Attimi by Heinz Beck all'aeroporto di Fiumicino e a Milano. Da marzo 2022 ha abbracciato con passione questo nuovo progetto toscano, con la collaborazione della restaurant manager Marta Baldelli, del sous-chef Daniele Melchiorre e della pastry chef Federica Valleriani.
"Qui è la pace di casa - ci racconta lo chef Heinz Beck -. È come entrare in un'altra dimensione di benessere e di calma mentale. E' puro piacere. Un posto fuori dal tempo. Al Castello di Fighine la cura dei dettagli è totale, dalla mise en place a come sono tagliate le aiuole. Naturalmente il menu è completamente diverso da Roma, per valorizzare le materie prime del territorio. Amo questo luogo perché qui si vivono più intensamente le stagioni, rispetto alla città. Ogni momento è d'oro: dalla fioritura del glicine bianco sul pergolato del ristorante, fino all'autunno che fa virare le cromie verso i colori bruni delle terre. Accanto al ristorante, l'albero dei cachi si carica di frutti, trasformando, ancora una volta, la "veste" del luogo. Stiamo lavorando sull'orto per intensificare l'autoproduzione, anche se abbiamo molti fedeli fornitori locali che lavorano con metodo biologico, etico e rispettoso della natura".
"Per noi la sostenibilità è fondamentale - gli fa eco il resident chef Francesco Nunziata -. Per fortuna, qui non è difficile da ottenere, grazie alle decine di piccoli produttori che lavorano in sinergia con noi. I nostri ospiti si rendono conto, fin da subito, che, anche per noi, questo è un luogo del cuore. Ogni giorno al Castello di Fighine per me è un giorno felice".
Il ristorante è circondato da grandi orti dove lo chef Nunziata coltiva in proprio e in modo totalmente sostenibile i vegetali, come pomodori, zucchine, melanzane, fichi, cachi, carciofi, peperoni, bieta multicolor, sedano, cipolle, spinaci, lattughino, finocchio ed erbe aromatiche. C'è anche una piccola produzione di olio extravergine che serve per il ristorante.
"Il team lavora in piena armonia e riusciamo a trasmettere questa gioia anche a chi si siede alla nostra tavola - sottolinea con entusiasmo la restaurant manager Marta Baldelli -. La squadra è giovanissima, dai 19 ai 25 anni, e sentiamo la responsabilità di far innamorare questi ragazzi sia del lavoro di sala che di cucina, che del Castello di Fighine. Non dimentichiamo che questo piccolissimo borgo toscano conta solo 5 residenti, tra cui lo chef Nunziata. Sentiamo che la nostra passione permette di accendere un faro e di mantenere vivo questo luogo magico che merita una visita. In questi due anni la nostra scelta, infatti, è stata quella di trasformare il ristorante, un tempo stagionale, in una realtà solida che lavora ininterrottamente da marzo a gennaio. Oggi la sostenibilità è anche lavorativa: allungare la stagionalità permette di dare sicurezza lavorativa a questi giovani professionisti".
Per la selvaggina da piuma - come piccione e anatre - la scelta cade sul piccolo produttore Nesti di Campi Bisenzio, e su Il Felcetone, che riporta alla luce ingredienti - razze animali e vegetali - in via di estinzione, come la Macchiaiola maremmana, la capra di Montecristico e l'antico cavallo maremmano. Un'azienda molto piccola e ci adeguiamo alla loro produzione. "Ho selezionato anche Quinto Sapore di Città della Pieve, che lavora solo con metodo biodinamico. In stagione arrivano a produrre più di 140 tipologie di pomodori" spiega Nunziata.
Il menu è rigorosamente stagionale. A disposizione degli ospiti il degustazione da 5 o sette portate, oppure il menu alla carta, con quattro scelte di antipasti e altrettante di primi e secondi.
Si può cominciare con una rivisitazione di un piatto toscano rinascimentale, la lingua in dolce forte, profumata alle spezie, che sulla tavola di Beck acquista una dimensione "tecnica": la lingua di vitello viene cotta a 36 ore a 63 gradi, glassata con aceto di Modena bianco, accompagnata da rafano e infuso di sedano rapa ossidato nell'Ocoo a 32 gradi, per regalare al tubero un sapore umami-dolce, molte particolare. Al posto dell'uvetta, della ricetta tradizionale, c'è la composta di mela cotogna. Si chiude il cerchio con polvere di cacao e chips di amaranto.
C'è molta attenzione al cestino del pane - sempre pensato tra Toscana e Napoli - a base di farina biologica, crackers con mix di semi chia e finocchio, grissini senatore Cappelli e taralli napoletani strutto con mandorle pepe.
Re dell'estate il Tortellino di finocchio, garum e alici marinate, saporito ma decisamente fresco.
Il Tortellino è ripieno di brunoise di cuore di finocchio, finito con salsa di alici marinate e estrazione di finocchio, preparato con le parti di avanzo del vegetale. Sul piatto, puntini di gel di garum e di limone fermentato a bilanciare con l'acidità, poi pane aromatizzato e purea di finocchi. L'utilizzo del vegetale e totale per non buttare nulla. Per intensificare ulteriormente il piatto, si spruzza essenza di liquirizia e finocchio. "Il finocchio è ricco di sali minerali, perfetti per contrastare il caldo estivo" ci ricorda Beck, confermando che ogni scelta viene fatta sempre per unire gusto e benessere funzionale.
Locale anche la Trota marinata del Trasimeno con orzo umbro di Colfiorito e uvetta di Grechetto, per raccontare anche la "vicinanza" con l'Umbria. La Trota viene marinata con polvere mix di spezie ed erbe fatte in casa che comprende anche la buccia di topinambur e pastinaca, che vengono dal residuo di altre preparazioni di cucina, diventando una sorta di insaporitore naturale dal gusto balsamico.
L'orzo è interpretato in diverse consistenze: tostato, in chips e come salsa caffè d'orzo germinato in casa. A contrasto, maionese al plancton, cipolla di Cannara (ancora umbra), salsa al cardamomo e caffè d'orzo al cardamomo e l'uvetta di Grechetto aromatizzata con il rum con la bagna del babà.
Arriva un po' di influenza campana - chef Nunziata, infatti, è nato a Nola - anche nei Cappelletti alla genovese di Chianina del piccolo produttore Torre Bisenzio, serviti con la pastinaca in varie consistenze (purea, chips e batonnet), grano saraceno, salsa di Parmigiano 40 mesi e gocce di aceto balsamico tradizionale di Modena 30 anni. La pastinaca viene scelta dallo chef Nunziata per "appianare" la querelle tra "carota sì e carota no" all'interno della genovese. Un bel piatto in cui il sud che incontra il nord.
Racconta, ancora una volta, il territorio il Maialino di cinta senese in doppia cottura, prima al grill e poi finito in forno, con lattuga alla brace, gel di carpione, erbe e purea di scorzonera. A dare ancor più carattere la salsa alla liquirizia, ricavata da un processo di estrazione a ultrasuoni, "Questo procedimento tecnico rompe le molecole, e permette di ottenere il gusto della liquerizia nella sua massima intensità, ma senza portare con sè la dolcezza tipica della radice" spiega lo chef Beck.
Una volta nel piatto, la spigola cotta in forno in scrigno di pasta di sale viene accompagnata con salsa di rucola, fasolari, cilindri di cetrioli in osmosi di aceto di sambuco fatto in casa, neve di finocchio, salsa di finocchio ed erbe spontanea.
Visto che siamo in Toscana, non poteva mancare un'interpretazione del Piccione che, nel menu del Castello di Fighine, incontra la bieta e l'agrodolce del qumquat. Il piccione viene stagionato 21 giorni in cera d'api. Il petto viene cotto velocemente alla brace, glassato con la sua salsa e accompagnato da polline e pino mugo per la balsamicità. In accompagnamento, bieta alla julienne, aceto di cirmolo in gel, composta di qumquat agrodolce e polvere di pino. L'utilizzo del mandarino cinese non è casuale, ma è il ricordo di bambino dello chef che, da piccolo, giocava a calcetto con gli amici: vicino al campetto, cresceva un albero di qumquat che lo rallegrava con i suoi colori.
Nei dolci, si riscontra la stessa attenzione ai dettagli del resto del pasto. La semplicità della mela viene interpretata con eleganza: il frutto viene ridotte in sfoglie sottili, arrotolate su loro stesse, dolcificate con caramello e accompagnate con gelato al cornetto (quello della colazione all'italiana), gel di limone e salsa al caramello e gin. Parla d'estate il ramo di Ciliegia di cioccolato fondente, con cremoso di fava tonka, sorbetto di ciliegia e salsa al pepe longo.
Dall'antipasto al dolce, ogni ingrediente viene usato al 100% come vuole la filosofia di Heinz Beck. "La parola recupero non mi piace - conclude lo chef Beck -. Ogni piatto del menu deve essere già pensato in origine per non avere scarti. O utilizzo completamente l'ingrediente in quel piatto specifico fin dall'inizio, oppure, se c'è dell'avanzo - bucce, ritagli semi, foglie - sto già creando un altro piatto per utilizzarlo nello stesso menu. La natura ci regala tesori, sarebbe antietico non utilizzare ogni singola sfumatura che ci viene donata".
In copertina: Il borgo © Castello di Fighine