Ricette 1 minuto 06 agosto 2019

Alzi la mano chi conosce le moeche!

Tenere seppur croccanti, dolcemente saline e con l’inconfondibile sapidità marina dei crostacei da laguna, le moeche sono un raro e costoso ingrediente stagionale di cui i veneti sono particolarmente orgogliosi e golosi.

L’optimum organolettico arriva non appena il piccolo granchio verde perde il suo carapace e parlando di ricette classiche, con la speciale frittura in cui le moeche vive sono prima poste nell’uovo sbattuto in modo che deglutiscano parte del composto, quindi passate nella farina bianca e poi immerse nell’olio bollente. Tecnica ad esaltare profumo e consistenze della fase di muta; momento topico per un morso dal gusto persistente, ma a suo modo tenue e delicato.
Da mangiare intere apprezzando il tripudio di ossimori e contrasti ad ogni prelibato boccone, l’ingrediente è celebrato in egual misura da trattorie regionali e ristoranti de la guida MICHELIN nelle isole della laguna Patrimonio Unesco e nelle calli veneziane. Al Bistrot de Venise la moeca fritta è servita sopra una julienne di carciofi novelli al lime ed al Glam Enrico Bartolini – una stella MICHELIN nel sontuoso Palazzo Venart - chef Domenico Ascanio aggiunge un passaggio alla frittura avvolgendole con lattuga di mare, cumino e limone.
Disponibili solo a novembre e nei dintorni di Pasqua (la muta avviene due volte l’anno), la produzione di moeche nel mondo è confinata alla laguna che abbraccia Venezia con i pescatori riuniti della Cooperativa San Marco di Burano a contendersi il posizionamento delle lunghe reti cilindriche tirando a sorte con le pedine della tombola ad ogni agosto. Da Mazzorbo a Torcello, l’operazione moeche è competitiva, faticosa (ogni rete pesa circa 30 chili tra alghe e pesci piccoli da rimettere in mare, crostacei e pescato) e per soli esperti. L’abilità – ed il guadagno – del “moecante” è nel riconoscere l’esatta fase di muta attraverso un immediata selezione in barca ed il costante monitoraggio nel periodo di transizione negli appositi vivai, che dura fino alla perdita della corazza; i gransi matti tornano liberi, quelli boni (in media uno ogni venti) finiscono al mercato ed i cannibaleschi spiantani vanno separati subito dalla massa altrimenti divorano i simili. Una volta giunte in prossimità dei fornelli le moeche ben si prestano a cotture alla brace, rosolate con aglio e prezzemolo, lesse (soprattutto quando si tratta di masanete) ed ovviamente fritte secondo tradizione.
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