In viaggio 5 minuti 16 dicembre 2024

Wilmina a Berlino: l’ex prigione trasformata in hotel

Un soggiorno al Wilmina, Una Chiave MICHELIN a Berlino, e la storia della magistrale trasformazione che ha dato all’ex carcere femminile una nuova vita. Scoprite il viaggio della nostra redattrice nella storia oscura e nel nuovo e luminoso presente di questo hotel.

Appena metto piede sulla scala mobile che mi porterà alla linea 7 della S-Bahn, nella stazione centrale di Berlino, sento crescere una sensazione di ansiosa attesa. Bastano nove minuti di viaggio da qui a Berlin-Charlottenburg, passando per il fiume Sprea, la Colonna della Vittoria e lo Zoologischer Garten per raggiungere la prigione, abbandonata per 27 anni e oggi trasformata nell’originale Wilmina Hotel. Proprio quest’autunno, la struttura ha ottenuto una Chiave dagli ispettori MICHELIN nella loro prima lista di riconoscimenti alberghieri in Germania.

Siamo a Berlino Ovest. La parte della città in cui i berlinesi meno si aspetterebbero progetti del genere, più frequenti nella zona che un tempo faceva parte della DDR, meno sviluppata economicamente. “In effetti, nel 2010 era difficile immaginare che ci fosse ancora un posto del genere, tutto da scoprire, qui a Berlino Ovest. È stato davvero entusiasmante”, afferma Almut Grüntuch-Ernst, una delle due metà della coppia di coniugi che ha riqualificato l’edificio, nel doppio ruolo di proprietari e architetti.

Quando la coppia lo ha scoperto, l’ex edificio del tribunale, risalente al 1896 insieme alla prigione retrostante, era vuoto da quasi trent’anni. Durante la Seconda guerra mondiale fra queste mura venivano imprigionate le donne, quasi sempre per motivi politici. In seguito, il carcere è stato utilizzato come centro di detenzione minorile, fino alla sua chiusura nel 1985, e poi più o meno dimenticato fino alla vendita nel 2010. Nel frattempo, però, l’edificio della vecchia Kantstraße 79 era entrato nell’elenco dei monumenti della città, complicando ulteriormente eventuali ristrutturazioni future.

E poi... Come si può anche solo iniziare a ristrutturare un luogo con un passato simile? L’idea di un investitore, che intendeva trasformare le celle in unità di self-storage non ha avuto successo. La coppia di architetti, il cui affermato studio opera a Berlino da oltre trent’anni, aveva idee diverse. “Se osserviamo la tipologia degli spazi, l’organizzazione modulare di un penitenziario non è dissimile da quella di un monastero o addirittura di un albergo”, afferma Grüntuch-Ernst. Esistono in effetti diversi penitenziari convertiti in hotel in varie parti del mondo. Un esempio di rilievo è il Four Seasons Hotel Istanbul a Sultanahmet. Un altro è il NoMad a Londra.

Il punto cruciale è come fare in modo che l’hotel si lasci alle spalle il passato, come voltare pagina e fino a che punto preservare una storia problematica.  

Il cortile e il giardino del Wilmina/© Wilmina
Il cortile e il giardino del Wilmina/© Wilmina
Una breve passeggiata mi porta a passare davanti a un supermercato asiatico, un Ali Döner e uno Späti all’angolo. Ora mi trovo in Kantstraße, una delle strade più importanti di Berlino. Mancano solo tre isolati al civico 79 e al Wilmina Hotel, inaugurato nel 2022.

Mi avvicino a un signore appena sceso dalla bicicletta con la sua spesa. “Sta cercando l’ex carcere femminile? È laggiù”, dice con un’espressione ironica. “E comunque, süsse Träume!” Vuol dire sogni d’oro, e lo ha detto con marcata ironia, per poi allontanarsi gustando la battuta. Per un attimo mi chiedo se avrà ragione, se i sogni saranno d’oro o avvolti in inferriate arrugginite. Ma il gentile signore, evidentemente, non era mai entrato nell’hotel.

Arrivata all’ingresso, scopro la bella facciata in stile rinascimentale dell’edificio principale, con alcuni dettagli in arenaria. Sulla porta sulla destra, che conduceva alla prigione e ora all’hotel, leggo la parola “Wilmina”. Varco il pesante portone d’ingresso ed entro in uno spazio alto, tranquillo e aperto.

“Alla nostra prima visita, il posto ci è apparso molto opprimente”, ammette Almut Grüntuch-Ernst. “Era una giornata buia e malinconica, il luogo era abbandonato e dimenticato, e il peso delle cupe nubi della storia si sentiva chiaramente. Allo stesso tempo, siamo rimasti affascinati dal fatto che le piante erano semplicemente riuscite a fiorire, senza un giardiniere, dal 1985. E poi c’era questa quiete inaspettata. Abbiamo visto il potenziale per un luogo di ritiro volontario”.

In effetti, si entra nell’hotel con il rumore di Kantstraße che ancora echeggia nelle orecchie e la frenesia della città ancora sulla pelle. Ma una volta giunti nel cortile, si è colpiti dal silenzio. Da qui in poi, l’area è riservata esclusivamente agli ospiti e la vista si apre su un bellissimo giardino incantato. Un’ape si posa ronzando sull’anemone giapponese dai fiori bianchi. Accanto ad essa crescono felci e Syzygium aromaticum (l’arbusto dei chiodi garofano), gli alberi di Tristania fanno ombra e l’edera ricopre le pareti. Sono arrivata in un luogo contemplativo, un’oasi di pace e di verde, nel bel mezzo della dinamica Berlino. Gli architetti hanno fatto in modo che la trasformazione apparisse senza sforzo.

La facciata dell’ex tribunale/© La Guida MICHELIN
La facciata dell’ex tribunale/© La Guida MICHELIN

Per arrivare alla mia stanza attraverso il lounge, un tempo l'ufficio in cui le detenute dovevano consegnare gli ultimi effetti personali. L’armadietto delle chiavi originale è ancora appeso al muro, con i ganci numerati per le 70 celle dell’epoca e vecchi appunti che ne raccontano l’uso precedente. Oggi la sala è un luogo di incontro, dove gli ospiti possono servirsi liberamente di frutta, caffè, tè e bevande, 24 ore su 24, nella cucina ben fornita.

La mia camera è al quarto di cinque piani. Durante la ristrutturazione, le pesanti porte delle celle sono state accuratamente riqualificate per soddisfare i più attuali standard di protezione acustica e antincendio. La camera è nata dalla fusione di due celle e le piccole finestre a grata del passato sono diventate più generose. Il risultato è un luogo ampio e luminoso, con arredi eleganti dalle linee rette e una serie di tonalità bianche e sabbia dall’aspetto accogliente e accattivante. Le camere sono decorate con foglie essiccate e fiori incastonati nel vetro, frutto del lavoro collettivo della famiglia Grüntuch-Ernst.
Il bagno si trova in un luminoso bovindo, da cui un tempo una guardia sorvegliava i prigionieri nel cortile. Poso la valigia e faccio una pausa. Sento affiorare una sensazione positiva. Mi sento a mio agio.

Fino al momento della partenza, non userò più l’ascensore nuovo di zecca. C’è troppo da scoprire nelle scalinate e nei corridoi dei diversi piani: cardini, vecchi corrimani, botole, porte del XIX e XX secolo... Con la trasformazione in hotel, sono state aggiunte opere d’arte contemporanea, come le fotografie di Hans Christian Schink, il cui tema “luce e tempo” (Licht und Zeit) non potrebbe essere più adatto. Davanti alla parete imbiancata a calce nello spazio dai soffitti alti, una meravigliosa opera d’arte fatta di lampade Bocci guida lo sguardo verso la luce. L’apertura nel tetto fa parte della struttura moderna. In cima all’edificio storico, un nuovo piano ospita delle suite completamente vetrate e una terrazza sul tetto unica nel suo genere, in felice contrasto con la storica struttura in mattoni.
“Il piano aggiunto ci ha anche permesso di reinventare l’area sul tetto come spazio ricreativo”, spiega Almut Grüntuch-Ernst. “Agli spazi sottostanti, verdi e chiusi, siamo riusciti ad aggiungere uno spazio aperto con vista sui tetti di Berlino”.
La terrazza sul tetto è dotata di una piscina di dieci metri con fondo parzialmente vetrato, attraverso il quale la luce solare che si infrange sull’acqua si disperde ad arte sui piani inferiori e gli ospiti da sotto possono vedere i nuotatori che scivolano sopra di loro, parzialmente oscurati. In ogni caso, la trasformazione è completa. L’edificio è ora permeabile e luminoso.

L’area d’ingresso che conduce al giardino/© Wilmina
L’area d’ingresso che conduce al giardino/© Wilmina
Il sole cala lentamente e i suoi raggi colpiscono ora solo le camere all’ultimo piano. Immagino il buio in cui erano immerse le detenute dietro le sbarre delle piccole finestre, a quell’ora del giorno.
Ma la mia mente non si sofferma sulle ombre del passato. Non ora. Osservando ogni dettaglio, posso dire che il Wilmina non è un memoriale della storia dell’hotel, ma una celebrazione della sua trasformazione. Mi sistemo sulla terrazza di fronte al bar e ordino il cocktail n. 71, una creazione a base di uva, fiori di sambuco e lamponi, prima di gustare il menù da quattro portate del Lovis, il ristorante che ha meritato l’inserimento nella Guida MICHELIN. Gli ospiti, tra cui molti berlinesi, affollano il locale per gustare le creazioni della chef Sophia Rudolph. Mi viene servito un piatto di ravanelli con panna acida, salsa di cetrioli e aneto, seguito da uno sformato di mais croccante e dorato con salsa di tomatillo jalapeño e beurre blanc, e poi una pancia di maiale glassata con kimchi di mele e coriandolo.

A sera, mi sdraio soddisfatta sul mio letto e guardo fuori, attraverso la finestra aperta, il cielo scuro della notte berlinese. Penso al destino delle tante donne passate tra queste mura, nel secolo scorso. Ma penso anche alla famiglia Grüntuch-Ernst, che ha fatto proprio questo progetto e ha ridato vita a un luogo unico, lavorando con estrema cura ed impegno a una ristrutturazione decennale, voltando pagina rispetto al passato e senza tirarsi mai indietro.
Una camera di tipo Classic/© Wilmina
Una camera di tipo Classic/© Wilmina
La terrazza sul tetto con piscina (© Wilmina) e la scalinata con installazione luminosa Bocci (© La Guida MICHELIN)
La terrazza sul tetto con piscina (© Wilmina) e la scalinata con installazione luminosa Bocci (© La Guida MICHELIN)
Il Wilmina Lounge con la fotografia “Licht und Zeit” di Hans Christian Schink © Wilmina
Il Wilmina Lounge con la fotografia “Licht und Zeit” di Hans Christian Schink © Wilmina
L’attico e la terrazza sul tetto © Le Guide MICHELIN
L’attico e la terrazza sul tetto © Le Guide MICHELIN
L’atrio (© Wilmina) e il cortile dell’hotel con gli anemoni autunnali in fiore (© La Guida MICHELIN)
L’atrio (© Wilmina) e il cortile dell’hotel con gli anemoni autunnali in fiore (© La Guida MICHELIN)
Il ristorante Lovis nell’ex sala comune © Wilmina
Il ristorante Lovis nell’ex sala comune © Wilmina

Immagine di copertina: la camera 407 dell’Hotel Wilmina/©  La Guida MICHELIN

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