Sostenibilità 3 minuti 10 maggio 2023

Ma il piatto è verde?

La sostenibilità non è più un vezzo, una moda, una strategia di marketing, ma una necessità in tutti i settori produttivi e nello stile di vita quotidiano. Michelin, da sempre grande innovatrice e attenta alle questioni ambientali, ha introdotto nel 2020 la Stella Verde, un riconoscimento che premia i ristoranti all'avanguardia nel campo della sostenibilità.

Con l’edizione 2023 della Guida MICHELIN Italia, le Stelle Verdi sono salite a 49 e sono state assegnate a ristoranti di ogni tipo, dalle 3 Stelle ai ristoranti citati senza alcuna distinzione particolare. Non esistono, infatti, criteri fissi per l'assegnazione della Stella Verde, poiché ogni locale e il luogo in cui si trova sono unici. Tra i compiti degli Ispettori Michelin c’è dunque anche quello di scovare le insegne che danno il meglio di sé e sono un lume ispiratore nelle buone pratiche di sostenibilità.

L’assegnazione della Stella Verde è una valutazione complessa e articolata, che dal piatto si estende all’uso di energie rinnovabili, alle certificazioni, all’utilizzo di detersivi biologici, alla pratica del compostaggio… e altro ancora. Argomenti molto importanti, ma che esulano un po’ dalla sfera di interesse di un avventore tradizionale. Lasciamo dunque agli Ispettori le valutazioni sulla Stella Verde e proviamo a vedere qualche semplice indizio di sostenibilità percepibile da qualunque cliente di un ristorante.

Dattilo, Strongoli
Dattilo, Strongoli

La comunicazione
L’attenzione alla sostenibilità viene vissuta dal personale del ristorante come un elemento prezioso della loro attività, da condividere con passione ed entusiasmo. Spesso vi verrà raccontato dell’orto da cui provengono le verdure, del fornitore del cuore di farine o altri prodotti, del reimpiego dell’acqua piovana per irrigare il giardino. Insomma, l’impegno green non sarà un segreto ben custodito, ma si disvelerà con naturalezza durante il pasto.

La carta
Lo strumento più importante a disposizione del cliente è il menu. Può sembrare un’ovvietà, ma non sempre lo si legge nel modo giusto e spesso lo si scorre solo per scegliere cosa ordinare. Innanzitutto stanno via via diminuendo le grandi carte a favore di una proposta più ristretta, che eviti gli sprechi e consenta di lavorare sempre col fresco. Entrando più nel merito, in una carta green troverete spesso un largo uso dell’aggettivo “nostro”: le verdure del nostro orto, il nostro manzo (tacchino, pollo…), le nostre uova e via di seguito, aggettivo che presuppone l’esistenza di orti e allevamenti di proprietà del ristorante, dunque sinergici e integrati con le proposte della cucina. Chiedete informazioni.
Anche l’attenzione ai fornitori è un dato rilevante: un ristorante sostenibile conosce benissimo gli ingredienti che usa, anche quando non sono di produzione propria. Sa come vengono prodotti o coltivati, dove, da chi e spesso ha piacere di condividere con i clienti queste informazioni attraverso il menu.

Focaccia appena sfornata/El Brite di Larieto, Cortina d'Ampezzo
Focaccia appena sfornata/El Brite di Larieto, Cortina d'Ampezzo

La territorialità è importante, ma non bisogna farsi trarre in inganno: talvolta prodotti che sembrano esotici e dunque poco green provengono invece da produttori situati a pochi chilometri dal ristorante. Se avete dubbi in tal senso, fatevi spiegare come mai vengono servite delle alghe a Milano: vi potranno magari rispondere che ci sono coltivazioni appena fuori città. E sappiate che gustare del Wagyu giapponese a km 0 in provincia di Bolzano è un gioco da ragazzi.
Ci sono elementi territoriali più lampanti: il pesce di mare potrà arrivare in montagna solo in trasferta e quindi una carta sostenibile in questo caso privilegerà i pesci d’acqua dolce. Ma anche qui niente fondamentalismi: se un locale di montagna propone, tra le specialità più locali, un piatto a base di pesce di mare non è il caso di gridare allo scandalo. Lo chef ha diritto di giocare con la sua creatività e se la proposta rimane comunque equilibrata questo non vuol dire che si tratta di un ristorante poco attento all’ambiente.
Più difficile è aggirare sostenibilmente il tema della stagionalità: un piatto a base di asparagi a ottobre dovrebbe farvi suonare un campanello d’allarme, così come fragole e frutti di bosco a febbraio.
Un altro bel segnale dell’attenzione alla sostenibilità è il recupero di vecchie tradizioni del territorio o vecchie usanze familiari. Nei tempi andati la cucina era sostenibile in assenza di alternative: le materie prime viaggiavano al massimo tra un mercato locale e l’altro e la tendenza al risparmio di risorse era connaturata alla frugalità che contraddistingueva il nostro passato. Tra gli esempi la vetrocottura, la cottura a forno spento, l’utilizzo del forno per prodotti diversi, le conserve…

Osteria Enoteca Gambrinus, San Polo di Piave
Osteria Enoteca Gambrinus, San Polo di Piave

Gli scarti
Anche in cucina il tema della riduzione degli sprechi e degli scarti è uno dei più importanti nel discorso sullo sviluppo sostenibile. In molti ristoranti green vi faranno notare che il brodo è stato preparato con i baccelli o con le bucce di patata, o vi proporranno deliziosi finger food fatti con gli scarti dei piatti principali. Sono segnali importanti, che lasciano trapelare uno studio e una ricerca sulla cucina a zero scarti.


La carta dei vini

Grande o piccola che sia, ci si aspetta che dedichi un’attenzione particolare al territorio e che mostri una certa sensibilità alle produzioni “pulite” (non necessariamente biologiche o biodinamiche).
In questo ambito, non tutti i ristoranti propongono una selezione ricca e completa di vini al bicchiere e se il numero di avventori non è proporzionato al multiplo di 75 cl si è spesso in difficoltà sull’approccio da tenere. E allora perché non risolvere il problema alla base: ordinate la bottiglia che vi piace e chiedete di poter portare a casa quello che avanza. Spesso i ristoranti non lo propongono per timore di urtare la sensibilità del cliente e, viceversa, quest’ultimo teme di fare brutta figura. Tutto il contrario: la richiesta di portare a casa avanzi di cibo e vino è un modo corretto per affrontare il tema dello spreco e vi permetterà di godere del piacere di un pasticcino o di un cioccolatino gustato al momento giusto e non al termine di un pranzo luculliano.
Affiora, a questo proposito, il ricordo di una cena in un famoso ristorante stellato Michelin: al tavolo vicino con il caffè viene servita una cornucopia di piccola pasticceria e cioccolatini. La coppia degusta il caffè, si alza e se ne va… lasciandosi alle spalle quella delizia inenarrabile. E nel passare accanto al tavolo vuoto la tentazione di farli scivolare in borsetta è stata davvero tanta.

Ma forse qui c’entra più la gola della sostenibilità!





In copertina: Luciano Barsetti (Ludeart)/Piazza Duomo


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