Food Sapiens 3 minuti 28 agosto 2019

Chef ALBERTO BETTINI - Trattoria da Amerigo, Savigno

Buongiorno signor Bettini,

La sua è una cucina tradizionale emiliana, apparentemente immutabile nel tempo, eppure anche i suoi piatti avranno avuto un’evoluzione: quali sono stati i cambiamenti più significativi nel corso degli anni?
Sì, la nostra cucina parte dalle basi apparentemente immutabili della tradizione. L’evoluzione naturale, ma fortemente voluta da me, è data dal miglioramento qualitativo delle materie prime e dalla loro maggior salubrità. Altro elemento di distinzione è la loro provenienza locale, possibilmente da reali coltivazioni ed allevamenti biologici o biodinamici. L’evoluzione delle attrezzature e delle tecniche ci aiuta oggi molto di più nella precisione delle cotture e nel rispetto delle materie prime


Nel suo ristorante si coltiva, tra l’altro, il piacere della memoria culinaria: quali sono i ricordi gastronomici della sua infanzia?
I miei ricordi sono quasi sempre legati ai profumi. La mia sala da pranzo è sempre stata la cucina della trattoria che era anche il luogo dove fare i compiti. Mi sono impregnato di sugo di rane in umido, di ragù, di pesto cotto per le tigelle. Ma i miei ricordi sono pieni anche di mosto in fermentazione e di brodo in leggero sobbollire. I primi ricordi “visivi” sono quelli di mia zia che tirava la sfoglia al mattarello e la mia fortuna è che ancora oggi ad ottantotto anni, assieme a mia madre ottantacinquenne, siano ancora lì ad aiutare Roberta, la sfoglina, a “chiudere” tortelli, ravioli e tortellini.


La selezione dei salumi è uno dei punti di forza della sua trattoria, quali sono i prodotti di cui è particolarmente orgoglioso?
Sono molto orgoglioso del fatto di aver convinto, ormai una ventina di anni fa, un pugno di bravi macellai e salumieri dell’opportunità di avviare allevamenti ed utilizzare carni di suini tradizionali (mora romagnola/bruna bolognese). La macellazione sopra i 2 quintali, l’allevamento brado e semibrado e l’alimentazione, unite alla loro capacità, ci regalano carni e salumi unici, anche se abbastanza costosi, ma non esageratamente, in rapporto al loro impegno ed alla qualità raggiunta.


Famiglie e ristoranti emiliani preparano i tortellini in brodo ciascuno a modo proprio, ognuno secondo una personale ricetta; in cosa consiste la particolarità di quelli che si preparano Da Amerigo?
Secondo me le ricette sono tutte rispettabili e le variabili sono sicuramente percettibili in base all’equilibrio raggiunto nel tempo. La vera differenza la fa però la materia prima impiegata. Farina e uova in primis, per arrivare alla sfoglia perfetta; poi il ripieno, in giusto equilibrio 1:1 con la sfoglia e preparato con tagli ed ingredienti naturali e di prima scelta. Al di là dei giudizi buono/non buono, la particolarità unica dei nostri tortellini è quella di essere prodotti con ingredienti al 100% locali e lo stesso vale per le carni e le verdure utilizzate per il brodo nel quale servirli.


Quando si servono piatti della tradizione locale, è più facile riscuotere successo con i clienti del posto o con i turisti, magari anche stranieri?
La risposta d’istinto sarebbe: “Con i turisti!”. Pensandoci meglio, soprattutto negli ultimi anni, sto raccogliendo buone impressioni anche dai locali. È chiaramente difficile accontentare un pubblico abituato ai piatti della mamma o della nonna, ma è molto stimolante ed anche divertente il confronto. Arrivare secondi dopo la nonna è sempre un successo!


Alba e Acqualagna, per fare solo due esempi, sono rinomate per il tartufo, ma anche Savigno si è ritagliata il suo spazio: c’è una particolarità nei tartufi dell’Appennino bolognese?
In questo campo, ma anche in altri, non sono tra quelli che sventolano la propria bandiera e bruciano quella degli altri. Ho visto partite di tartufi di Alba meravigliose e altre più brutte di quelle di Savigno, di Acqualagna o del sud dell’Italia. Naturalmente si può invertire il discorso e declinarlo su ogni provenienza. Detto questo la vera differenza la fa la freschezza; il poter lavorare quotidianamente un prodotto appena “cavato”, che non ha viaggiato per giorni e sul quale hai un controllo completo e la conoscenza dell’origine, è cosa non da poco.


Ha mai modificato un piatto o scelto ingredienti per andare incontro ai gusti del pubblico anche se ciò cozzava con le sue preferenze e convinzioni?
No, mai fatto e mai messo in carta. Qualche variabile dell’ultimo momento per bambini o per accontentare chi ha problemi alimentari, sì, ma questo fa parte delle normali regole del buon senso.


La coerenza con le tradizioni del territorio è un dogma che preferisce non sconfessare o nel suo ristorante non ha difficoltà a servire anche piatti che non c’entrano nulla con la cucina emiliana?
Negli anni abbiamo proposto piatti legati al 100% alle tradizioni e altri di nostra creazione che mai erano stati proposti prima, ma racchiudevano in loro un’anima talvolta più che emiliana, locale. Materie prime locali e preparazioni di tradizione in accostamenti nuovi hanno fatto sì che la nostra carta, negli anni, si sia arricchita di nuove preparazioni “classiche”. Questa è una delle parti più interessanti del nostro lavoro.


La macro-area di Bologna è crocevia per notevoli destinazioni da nord a sud, come ne beneficia il suo ristorante e, se esistono, vi sono dei flussi particolari di clientela?
Certamente il fatto di essere vicini a un importante snodo di traffico ci aiuta quotidianamente, ora più di qualche anno fa. I primi flussi, una ventina di anni fa, erano quelli di abitanti dei paesi di lingua tedesca che ci vedevano come tappa verso sud e/o al rientro verso casa. Poi siamo diventati una tappa di tour emiliani legati ai motori ed al cibo che vedevano impegnati turisti da tutto il mondo sull’asse Bologna - Parma. Negli ultimi anni si sono aggiunti turisti e viaggiatori che vedono Bologna e Modena come mete di turismo gastronomico ed ancora legato ai motori. Naturalmente le prime due categorie esistono ed insistono ancora ed ora possiamo contare su circa un 35% di viaggiatori stranieri, 15% di viaggiatori italiani ed un 50% di pubblico locale.

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