Ristoranti 2 minuti 06 settembre 2024

Roma: un ispettore all'Imàgo, 1 Stella MICHELIN

Uno dei nostri ispettori ci racconta un'emozionante serata romana.

Le scale più belle del mondo e poi un ascensore verso un panorama mozzafiato: il percorso per raggiungere l’Imàgo assomiglia ad un’ascesi verso l’empireo.


Prima la scalinata che parte dalla “barcaccia” di piazza di Spagna (la fontana del Bernini), quindi i gradini in travertino che si allargano e si restringono alternandosi alle terrazze in un insieme barocco, l’obelisco che svetta sulla sommità e infine l’Hassler, uno degli alberghi più iconici e lussuosi della capitale, premiato con 1 Chiave MICHELIN.
Tuttavia, arrivati qui, la salita non è ancora finita, ma si fa solo più comoda: all’Imàgo, ristorante rooftop, si arriva con l’ascensore. Lo spettacolo della vista è preannunciato dal bagliore della luce. Quindi si mettono a fuoco le pareti vetrate e un panorama con pochi eguali per la quantità di bellezza che abbraccia. Alla destra i campanili della chiesa di Trinità dei Monti (che effetto vederli così vicini!), da lì, spostando lo sguardo sulla sinistra, ecco alcuni dei monumenti più emblematici della città. Chi ne riconosce uno, chi l’altro… sembra di volteggiare con lo sguardo sui tetti di Roma come i gabbiani.

Il panorama emozionante dalle vetrate del ristorante/©Imàgo
Il panorama emozionante dalle vetrate del ristorante/©Imàgo

Immaginate quanto dev’essere impervio il cammino – anche questo tutto in salita ma senza ascensore – per un cuoco che deve reggere un tale confronto. La sfida è raccolta dal giovane Andrea Antonini, che allestisce due menu degustazione. Uno è dedicato ai classici, una buona occasione per conoscere i suoi piatti di maggior successo, l’altro si intitola Project ed è frutto del laboratorio creativo di Andrea, perfetto per chi vuole tornare e vedere l’evoluzione della sua cucina.
Benché fossi alla mia prima esperienza da ispettore all’Hassler con questo chef ai fornelli, mi è parso più giusto dare spazio al suo ultimo percorso. La circostanza che nel menu degustazione tutto fosse già deciso ha velocizzato l’ordinazione e per i vini ho chiesto suggerimento al sommelier. Non mi è rimasto che immergermi nello spettacolo della sfilata gastronomica che mi aspettava

Cetriolo di mare in salsa verde/©Imàgo
Cetriolo di mare in salsa verde/©Imàgo

Le sorprese sono state diverse, ma più di tutti mi ha incantato la capacità del cuoco di pescare da un ampio bagaglio gastronomico, intessuto di classici italiani proposti con una visione personale e matura. La finta mini-pizza servita in tanto di contenitore d’asporto ha dato l’avvio alla serata, suggerendo allo stesso tempo lo spartito che la musica avrebbe suonato. Il volo poi è stato preso con le successive proposte, come il cetriolo di mare in salsa verde e l’agnello, latte di pecora e fieno, mentre nei secondi spiccava l’elaborazione tecnica − quasi un’opera da orefice − del branzino in porchetta, nonché l’agrodolce misurato della senape e delle albicocche abbinate ad un taglio di manzo veramente squisito.

Branzino in porchetta/©Imàgo
Branzino in porchetta/©Imàgo

Ma è stato nelle due interpretazioni dei primi piatti che ho trovato il più grande Antonini: il raviolo con lievito, patate e cipolle e la pasta burro e parmigiano con cedro e polline. Quest’ultima è stata la portata migliore della serata e allo stesso tempo una sfida: partire da un piatto simbolo della cucina italiana, relativamente semplice nella sua versione di base, ed elaborarlo in una ricetta complessa, dove la tecnica non è un abbellimento fine a se stesso, ma un modo per enfatizzarne i sapori, ampliandone spettro e intensità.

Pasta burro e parmigiano con cedro e polline/© Imàgo
Pasta burro e parmigiano con cedro e polline/© Imàgo

Emozionante la fresca chiusura della cena con l’anguria, le mandorle e le olive, che però lasciava ancora un po’ di spazio per una coreografica piccola pasticceria, tra cui un omaggio alla città, il maritozzo, qui guarnito da fragoline di bosco.

Terminata la cena, come la biglia di un flipper ho fatto il cammino inverso, questa volta tutto in discesa, dall’ultimo piano dell’Hassler e poi lungo la scalinata, un po’ come tornare con i piedi per terra dopo aver volato.



Immagine di copertina: Trinità dei Monti

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