In viaggio 3 minuti 06 aprile 2022

Sextantio: la storia di un villaggio trasformato in hotel!

Ne hanno fatto un documentario e un libro. Ora ci vorrebbe il film. La storia di Santo Stefano di Sessanio e del suo magnifico albergo diffuso Sextantio è davvero avvincente.

Purtroppo è una storia fin troppo comune in queste parti d’Italia. Poco lavoro, molta emigrazione, in 100 anni una diminuzione della popolazione che raggiunge circa il 90%. Santo Stefano di Sessanio sembra davvero destinato a diventare un borgo fantasma.

Poi, inaspettato, arriva un cavaliere un po’ ribelle che cambia il suo destino. Si chiama Daniele Kihlgren, è l’erede di una famiglia di imprenditori di cemento di Milano, e in queste poche case su una rocca vede qualcosa che altri non avevano visto. Qualcosa di intenso e desolato. Qualcosa che non si può lasciare morire. E si mette al lavoro per ridare vita a queste mura, e fondare Sextantio, un albergo diffuso che permette di far conoscere questo angolo di paradiso al resto del mondo.

Santo Stefano di Sessanio è un borgo medioevale fortificato edificato tra le montagne dell’Abruzzo, ad oltre 1250 metri di altitudine, all’interno del Parco Nazionale Gran Sasso. “Si gira in un’oretta a piedi con molta calma” scrive una recensione online. Certo, l’oretta diventa ancora più piacevole se ci si ferma nei suoi negozi di prodotti tipici (soprattutto di lana e miele) o in uno dei suoi ristoranti. I paesaggi di queste montagne sono magici, ogni roccia parla di vite vissute, e anche il silenzio qui sembra uno strumento per raccontare la sua storia.

Daniele Kihlgren scopre il borgo negli anni Novanta, durante un viaggio in sella alla sua moto lungo la Penisola, e in qualche modo diventa il paladino della sua rinascita. Non è il classico imprenditore alla ricerca di una miniera d’oro, è più un filosofo visionario, un’esploratore con la passione per recuperare cose che sembrano perdute. E tale sembra essere rimasto ancora oggi, sia come protagonista carismatico del documentario “La nostra pietra” di Alessandro Soetje, sia di un libro autobiografico molto personale e aperto che si intitola proprio “I tormenti del giovane Kihlgren”.

Spesso le gente proveniente da fuori – che può essere Roma come Melbourne – è quella che ha più amore per questi luoghi. Talvolta più degli abitanti originari” ci dice senza mezzi termini, parlando di Santo Stefano durante una serie di telefonate tra New York e il Rwanda, all’insegna dei fusi orari e della connessione wifi non sempre molto affidabile.
E’ brutto ma molto vero”, aggiunge con un realismo che sembra contraddistinguerlo. E’ irriverente e anticonformista al punto giusto, abbastanza da intraprendere progetti che altri riterrebbero una causa persa. Come questo patrimonio storico più povero, minore, vernacolare.

Non a caso si trova in viaggio tra Congo e Rwanda ormai da settimane, come fa ormai da qualche anno, per per portare avanti il suo programma di assistenza alle comunità bisognose di quelle zone tramite l’Associazione ONLUS Sextantio.

Il soggiorno della suite L'Alchimista. Al piano superiore, si trova la camera da letto con balcone e vista sulle montagne.
Il soggiorno della suite L'Alchimista. Al piano superiore, si trova la camera da letto con balcone e vista sulle montagne.
Con il loro arredamento essenziale, le camere "classiche" hanno un'aria monastica
Con il loro arredamento essenziale, le camere "classiche" hanno un'aria monastica
Una tradizionale coperta in lana intrecciata a mano che veste il letto di una camera da letto “classica”, la Camera Sul Lago.
Una tradizionale coperta in lana intrecciata a mano che veste il letto di una camera da letto “classica”, la Camera Sul Lago.
Il ristorante utilizza prodotti locali per ricreare ricette tradizionali
Il ristorante utilizza prodotti locali per ricreare ricette tradizionali

Insomma, non bisogna per forza distruggere e ricostruire per andare avanti, si può migliorare e ripristinare il meglio di quello che c’è già. La filosofia di Sextantio ha come obiettivo progettuale di fondo il rapporto di reciproca integrità tra il borgo e il territorio circostante a tutela del paesaggio, mantenuto in vita anche grazie al restauro e a vari aspetti delle culture materiali di queste terre. Successivamente il progetto arriva anche ai Sassi di Matera e le sue grotte rupestri, perseguendo con diligenza la tutela dell’identità del territorio di quella che nel 2019 fu scelta come la Città Europea Capitale della Cultura, ma con un approccio meno fattuale e più simbolico.

“Non è che possiamo andare a Piazza Corsini, rubarne il camino, e metterlo a Piazza Farnese. Nel patrimonio storico di cui ci siamo occupati noi, nel caso del borgo di Santo Stefano di Sessanio, questo è possibile. Qui il materiale di recupero è più sovrapponibile, e più sostituibile” spiega, parlando del lavoro sistematico che lui e il suo gruppo hanno intrapreso con passione.

Hanno trovato il materiale di recupero nelle cantine, nelle discariche. “Come se fossero oggetto di una specie di damnatio memoriae, di rimozione collettiva” spiega con un tono che esprime il profondo legame emotivo che lo unisce a questo progetto visionario. Ora spera che le che cose siano diverse, e che questo patrimonio possa essere rivalutato anche in altre parti dell’Italia, e del mondo. ”La globalizzazione ha come alter ego ha l’identità territoriale di questi luoghi locali, di periferia, di marginalità, che hanno conservato maggiormente l’identità e che 70 anni fa non significavano nulla”.


Allora non significavano nulla perché i riflettori erano puntati sulle grandi opere. Questi sono luoghi creati da persone comuni, non da architetti o designer, o da personaggi della storia. Daniele non fa nemmeno imbiancare i muri per mantenere traccia delle persone che sono passate per queste strade. Sono luoghi carichi di energia e di storia, e dare importanza alla storia comune, quella di tutti i giorni, “è fondamentale”. Soprattutto in Italia, un paese che ha un patrimonio inestimabile da questo punto di vista, spesso cancellato o escluso dal paradigma della classicità.

Santo Stefano di Sessanio, via pittoresca
Santo Stefano di Sessanio, via pittoresca

L’idea è di conservare il paesaggio anziché, come troppo spesso accade, trarre profitto dalla sua devastazione. Grazie anche all’attività di ristrutturazione sostenuta da Sextantio e del suo progetto culturale, a Santo Stefano di Sessanio le strutture ricettive di tipo alberghiero si sono moltiplicate – da 3 ad oltre 20 – andando a ristrutturare la parte abbandonata del paese.

Ora l’Albergo Diffuso Sextantio rappresenta circa il 30% delle camere del borgo. Anche il terribile terremoto del 2009 sembra un lontano ricordo: fortunatamente non ci sono state vittime, in qualche modo grazie anche al fatto che il 70% delle case danneggiate fossero seconde case. Da quella disgrazia nacque un forte spirito di solidarietà e, invece di abbattersi e gettare la spugna, i residenti si rimboccarono le mani, aprirono un centro di accoglienza, si fecero forza e si aiutarono a vicenda.

Certo, le cose non cambiano in un giorno, ma Daniele e il suo team ce la mettono tutta. Ci credono. Il patrimonio minore, i villaggi della cultura rurale, vanno tutelati nelle tracce di un vissuto antico, nell’anima più profonda e autentica di questi luoghi. Dalla coperta di lana alle prese della corrente fino all’assenza della televisione, dai catini alle candele nelle camere.

Antico e moderno coesistono in armonia, grazie ad una cura estrema per i dettagli, e un’atmosfera davvero magica a detta degli ospiti.

Scorcio sulla città fortificata
Scorcio sulla città fortificata

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