Food Sapiens 3 minuti 06 agosto 2019

Chef RICCARDO CAMANINI Lido 84 – Gardone Riviera

La sua formazione in cucina ha avuto tappe molto importanti, sia in Italia che all’estero. Ci può delineare le esperienze più importanti?
Cresciuto in un piccolo paesino vicino a Bergamo sono approdato all'età di diciannove anni dal leggendario chef Gualtiero Marchesi. Mi sono innamorato del design del cibo e della cucina raffinata. Ho sperimentato un nuovo modo di cucinare; una cucina fatta di arte, qualcosa che ha reinterpretato il tempo e lo spazio, sfruttando al meglio sia gli aspetti materiali che quelli spirituali di un ingrediente. Con una nuova ossessione per tutto ciò che è culinario, ho deciso di continuare la mia ricerca nel Regno Unito per sfruttare ciò che avevo imparato da Gualtiero. Inoltre, volevo capire la cucina classica francese. Sono andato - quindi - a lavorare con Raymond Blanc a Le Manoir aux Quat'Saisons. Ho preso molta ispirazione da Raymond. Da lì partii alla volta di Parigi per lavorare con Jean-Louis Nomicos, braccio destro di Alain Ducasse a La Grande Cascade. Alla fine fu il momento di tornare a casa e così accettai un lavoro come capo cuoco a Villa Fiordaliso, sulle rive del Lago di Garda, quando avevo solo ventiquattro anni. Per i successivi sedici anni mi sono immerso nel ruolo, imparando come gestire gli chef, organizzare il business e accettare la completa responsabilità per l'intera operazione. Ho completato con altri stage dove ho potuto approfondire la conoscenza, lavorando in ristoranti come Mugaritz e sotto la guida di grandi chef tra cui Hélène Darroze.

Come è nata l’idea di aprire il Lido 84 con la partecipazione in società anche di suo fratello?
Abbiamo trovato un Lido retrò [piscina all'aperto] sul Lago di Garda di proprietà di un'anziana signora e della sua famiglia. Volevamo rispettare la sua eredità e abbiamo mantenuto il nome di Lido 84. In effetti, abbiamo apportato pochissime modifiche all'edificio attuale, ma abbiamo progettato un arredamento ispirato ai colori del lago, all'art déco degli anni '60 e alle opere dell'attore italiano Riccardo Fellini. La nostra filosofia per il ristorante era di rendere omaggio alla qualità del tempo. Guardiamo l'esperienza culinaria nel suo complesso; ogni dettaglio conta e i nostri piatti devono mostrare rispetto per gli ingredienti che usiamo e per gli ospiti che vengono a trovarci.

Uno dei piatti più rappresentativi della sua cucina è Cacio e Pepe in Vescica. Com’è nata questa ricetta e come nasce un nuovo piatto in generale?
Leggendo il De Re Coquinaria di Marco Gavio Apicio, dove citava nel testo l’utilizzo delle vesciche degli animali come strumento per la conservazione di carni di maiale: primi probabili tentativi d’insaccati, per il trasporto e la conservazione di vivande nelle colonie romane. In Francia, a suo tempo, avevo lavorato la volaille de Bresse en Vessie e ho cercato di reinterpretare la lettura e l’esperienza vissuta in un piatto che rappresentasse appieno la tradizione italiana. La cottura alternativa, quindi, della pasta per mezzo del vapore e l’impossibilità di verificarne durante il processo l’evoluzione del gusto hanno reso molto stimolante lo studio e il dialogo degli ingredienti fra di loro.

Come si diventa un grande cuoco e quali sono le caratteristiche che bisogna avere per intraprendere con successo questo mestiere?
Non ho mai pensato a questo; piuttosto ho continuato con costanza e perseveranza ad approfondire un mestiere che mi permette, in quanto artigiano, di esprimermi.

Avete già in mente prodotti del territorio che potrebbero far nascere altri piatti vincenti?
Stiamo approfondendo sempre più la collaborazione con orti locali, a coltivazione biologica, e rimane invece costante e continuo l’utilizzo di tutti i pesci di lago, secondo la loro stagionalità. La caratteristica di queste specie ittiche è che hanno una varietà gustativa molto più limitata rispetto a quelle di mare; proprio per questo vanno trattate con una maggiore sensibilità per elevarne al meglio il loro sapori intrinseci.

Qual è il suo attrezzo preferito in cucina?
Il tagliere di legno per il pane: è materia viva che si percepisce con piacere. La ruvidità della farina e il calore del legno, il profumo dell’impasto lievitato, nonché la sua consistenza diventano un piacere per il cuore.

Nel suo ristorante c’è anche una grande attenzione ai dessert: come si rapporta con la pasticceria che in genere è lasciata spesso nelle mani di abili chef-pasticceri?
Sono molto goloso. Amo tutti i dolci classici, cerco semplicemente di riportarli al ristorante facendo tutto al momento per fissare gusto e memoria - in breve tempo - nei nostri ospiti. Abbiamo optato strada facendo per un grande carta dei dolci - dai 12 ai 15 per ogni stagione - toccando molti aspetti della pasticceria (sorbetti, gelati, lievitati, sfoglie, cioccolato, frutta etc.), e per quanto riguarda la piccola pasticceria abbiamo preferito rappresentarla nel ricordo di ciò che l’Italia rappresenta al meglio nelle sagre di paese, quindi con lavorazioni direttamente al tavolo di torroni, zuccheri filati, cioccolati etc.

Qual è l’ingrediente che usa di più e quelli che nella sua cucina non possono mancare?
L’Olio Extra Vergine di Oliva del Garda e la pasta.

C’è stato qualche chef o qualche ristorante da cui - in passato - ha tratto ispirazione?
Gualtiero Marchesi e Alain Ducasse.

Lo chef-patron è di certo uno dei lavori più impegnativi e che lasciano poco tempo libero, quali hobby riesce comunque a coltivare al di fuori del lavoro?
Mi piace molto correre, qui sulle colline che guardano il lago, e leggere, non solo di gastronomia! È importante al giorno d’oggi per qualsiasi attività di successo avere un rapporto con i media e i giornalisti.

Come si rapporta con loro?
Cerco sempre di mettermi a disposizione delle loro necessità di approfondimento sul nostro mestiere.

Che consiglio si sente di poter dare ai giovani chef imprenditori che vogliono intraprendere un’attività di successo nella ristorazione?
Studiare, dedicare molto tempo alla costruzione di un palato allenato e saper fare i conti.

La zona di Gardone e tutta la sponda ovest del lago di Garda è panoramica anche solo percorrerla senza sosta: quali flussi turistici riconosce oltre a quello gastronomico? Week end break, moto e ciclo turisti, amanti delle auto d’epoca…
La cultura è il tessuto connettivo della comunità, ma anche un importante strumento economico, il volano che sta trasformando il turismo da stagionale ad annuale. A Gardone Riviera, Il Vittoriale degli Italiani (la dimora di Gabriele D’Annunzio a memoria della “vita inimitabile” del poeta-soldato e delle imprese degli italiani durante la Prima Guerra Mondiale) è oggi una fondazione aperta al pubblico e visitata ogni anno da circa 250.000 persone. Inoltre, la città-giardino ospita circa 3000 specie di piante del Giardino Botanico Fondazione André Heller. Sempre nelle vicinanze, vanno ricordati il MuSa (Museo di Arte Moderna e Contemporanea) di Salò, nonché la Valle delle Cartiere di Toscolano Maderno: è da qui che giunge la carta di cotone sulla quale vengono tutt’oggi stampati i vari menu del Lido 84.

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