Di forma irregolare e solitamente di colore giallastro, la cicerchia riesce infatti a crescere s’una moltitudine di terreni senza patire eccessivamente le escursioni climatiche. Resilienza unica che paradossalmente, nel corso dei secoli, ha contribuito alla poco meritata associazione con povertà e sussistenza contadina. Oggi la cicerchia – legume con pochissimi grassi ed elevato contenuto proteico e ricco di fibre, calcio, fosforo e vitamine – è sempre più apprezzata da osti e chef de la guida MICHELIN di Molise, Puglia, Campania, Lazio e Marche. In quest’ultima regione la cicerchia viene seminata sempre in primavera tra il granturco ed accanto a ceci e fagioli. Una delle varietà più famose – e Presidio Slow Food dal 1997 - proviene da Serra dè Conti ed è prodotta seguendo pratiche tradizionali dalla Bona Usanza.
Minuta e spigolosa con tonalità dal grigio al marrone chiaro, la cicerchia di Serra dè Conti è più dolce e meno coriacea rispetto alle alternative e tra le ricette suggerite per esaltare gusto e proprietà di questa particolare tipologia c’è la rivisitazione del macco di fave accompagnato da cicoria al vapore o ripassata (il legume va lasciato almeno cinque ore in ammollo, quindi unito al soffritto, coperto d’acqua, fatto bollire per due ore ed infine frullato con patate e brodo vegetale) oppure la zuppa servita nella pagnotta.
Volgendo a sud, una delle varietà da provare – e stoico esempio di crescita in terra praticamente priva di humus - è la cicerchia di Anacapri coltivata su piccoli terrazzamenti nel versante sud-occidentale dell’isola e dal sapore in bilico tra ceci e piselli. Dall’altre parte del golfo invece, precisamente sui crinali vulcanici ed in mezzo a filari a piedefranco di Falanghina, un prezioso progetto di recupero sta salvando dall’estinzione l’antica cicerchia dei Campi Flegrei con l’obbiettivo di proteggere ambiente e biodiversità.