Uno show nello show dei menu degustazione dall’Alto Adige alla Sicilia passando per il litorale romano, dove lo chef Lele Usai de Il Tino – stella MICHELIN di Ostia – ha scelto porcellane “personalizzate” sui temi del mare, pineta e macchia mediterranea. Nella vicina capitale – invece - lo chef Franco Madama del ristorante Magnolia ha ideato piatti quadrati 40x40 come tele bianche per affreschi culinari. Quadri gourmet in cui s’intrecciano sfumature cromie e consistenze ottenute da diverse cotture. Attimi in cui il cibo si avvicina all’arte con display creativi in stile minimal o glamour. Vedere - o meglio provare - le suggestioni due stelle MICHELIN dai boschi dolomitici del raffinato Terra di Sarentino e i sofisticati, seppur essenziali, omaggi alla cultura iblea di Vincenzo Candiano: chef del bistellato di Ragusa Locanda Don Serafino. Ristretta categoria alla quale appartiene Il Piccolo Principe di Viareggio; altro indirizzo dalla particolare sensibilità estetica come da calamarata di Gragnano servita sottovetro con frutti di mare, asparagi, crostacei e limone.
Prodotta per la prima volta dalla dinastia Tang in Cina ed arrivata in’Europa nel XIII secolo con Marco Polo, la porcellana diventerà presto espressione di sofisticatezza, eleganza e identità. Anche e soprattutto nella ristorazione classica con influenze moderne (due buoni esempi sono il ristorante del Grande Hotel Timeo a Taormina ed il tristellato La Pergola di Heinz Beck a Roma) ed in quella con matrice contemporanea e sperimentale dove sempre più spesso, la porcellana prodotta artigianalmente e la disposizione degli ingredienti nel piatto sono due facce della stessa medaglia.
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Il granchio blu, specie aliena e altamente invasiva originaria dell’Atlantico, da qualche mese infiamma il dibattito in ambito economico, ambientale e politico (e perfino satirico).
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