Vini 3 minuti 26 ottobre 2022

I vini di Franciacorta: riferimenti storici e pionieri dell’innovazione

Le inebrianti sfumature dei vini franciacortini nei secoli; racconti di avanguardia e tradizioni enologiche all’interno di territorio unico per microclima, storia e posizione geografica.

Secondo molti osservatori, produttori e proprietari di cantine, l’avvento del nuovo millennio coincide con la terza epoca enologica dei territori franciacortini in quanto il periodo a cavallo tra la fine del Novecento ed il primo ventennio del XXI secolo, certifica un ulteriore salto di qualità sia per le grandi Maison, che per i piccoli e medi produttori da circa 100.000 bottiglie l’anno. Oltre ad introdurre molteplici innovazioni alle pratiche del metodo classico, le ultime decadi hanno visto una porzione sempre più cospicua delle oltre duecento aziende del Consorzio, virare verso l’agricoltura biologica al fine di meglio preservare la fertilità del suolo, minimizzando contestualmente il proprio impatto sull’area naturistica.


La strada biologica

Oggi la Franciacorta annovera circa il 66% di vigneti biologici (tra terreni certificati ed in conversione) ed è quindi una delle prime denominazioni a livello internazionale per quota di viticoltura a basso impatto ambientale, ed in termini di sostenibilità produttiva. Al netto delle tante bollicine spontanee eccellenti, risulta importante sottolineare come l’evoluzione dell’enologia nell’area geografica lombarda, non riguardi solo la celebrata ed altamente tecnica rifermentazione in bottiglia, ma anche le altre due specialità locali come Curtefranca Doc ed Igt Sebino.


Curtefranca e Igt Sebino
Nel Franciacorta, le varietà Curtefranca Doc ed Igt Sebino occupano circa 350 ettari vitati mentre i restanti 2.800 ettari, sono destinati alla produzione dei vini a denominazione ma a prescindere dal metodo e dagli uvaggi, la direzione intrapresa dal territorio denota una mirabile coscienza ecologica che coincide con la volontà di rendere le “bollicine” spontanee italiane, sempre più raffinate ed eleganti amalgamando progresso, salvaguardia e tradizioni. La crescita qualitativa del Curtefranca – vino rosso Doc che prende il nome dall’omonimo borgo in pietra - è inscindibile dalla scrupolosità del disciplinare che ne regola la produzione secondo i seguenti parametri: I vitigni che rientrano nella composizione del vino Curtefranca Doc sono Cabernet Franc e/o Carmenère (min.20%) Merlot (min.25%), Cabernet sauvignon (tra il 10 ed il 35%) e tutti risultano essenziali nell’ottenere caratteristiche organolettiche quali colore rosso rubino intenso, ed un profilo gustativo corposo, secco ed equilibrato. La denominazione Sebino Igt istituita nel 1995, si basa anch’essa su vitigni a bacche bianche o nere ed il vino può essere prodotto con Chardonnay, Pinot Nero, Pinot Bianco, Cabernet Franc e Sauvignon, Nebbiolo e Barbera. Nelle sue molteplici variazioni (bianco, rosso, novello, passito), il Sebino ben si presta ad abbinamenti con salumi, bolliti, cotechino, zampone, paste al sugo di pomodoro o carne e risotti.

Assaggi vari - Consorzio Franciacorta
Assaggi vari - Consorzio Franciacorta

Di ghiaccio, fiumi e terra
La buona riuscita dei vini franciacortini è strettamente correlata al fertile suolo morenico di terreni plasmati da colline, corsi d’acqua e torbiere, che devono buona parte della loro ricchezza mineraria ai ghiacci alpini. Nel ritrarsi dall’area geografica compresa tra il fiume Oglio e le sponde del lago d’Iseo più di quindicimila anni fa, i ghiacciai hanno depositato grandi quantità di sabbia, limo e minerali e dunque, l’eredità sia paesaggistica che materica dell’ultima era glaciale, può essere considerata l’incipit geologico per l’avvento dell’agricoltura in Franciacorta, nei millenni a venire.


Gli albori di una grande storia enologica

Secondo le testimonianze storiche, gli albori della produzione enologica all’interno dei confini franciacortini vanno ricercati attorno all’anno mille. La teoria sembra coincidere con i contenuti di alcuni volumi contabili reperiti nei monasteri benedettini i quali, nei dintorni del XII secolo, descrivevano l’arrivo dei vitigni Schiava, Groppello, Vernaccia o Malvasia importati da Balcani, sud Mediterraneo e Medio Oriente. Una volta mescolate tra loro, le uve regalavano vini “albi e vermigli” mentre nel secolo successivo, la parola Franzacurta farà la sua prima comparsa negli annali del comune di Brescia. È dunque lecito affermare che la cultura enoica della campagna franciacortina, muova i suoi primi passi in piena epoca medievale quando il popolamento degli affascianti borghi in pietra come Corte Franca, Borgonato e Colombaro, coinciderà con l’ampliamento delle varie colture antistanti ai paesi.

Vigneti - Consorzio Franciacorta
Vigneti - Consorzio Franciacorta


Letteratura enoica
Tra orti, coltivazioni ed alberi da frutta, la specie che meglio sembra adattarsi al suolo morenico accarezzato da un microclima caldo e ventilato, è proprio la pianta della vite tanto che nel XVI secolo, le cronache descrivono la produzione dei “vivaci” vini locali nel “Libellus de vino mordaci” redatto del medico bresciano Conforti, nel 1570. Risale invece al secolo precedente la prima citazione dell’Erbamat (vitigno autoctono dai dintorni di Brescia) all’interno del libro “Le vinti giornate dell’agricoltura et de’ piaceri della villa” firmato dall’agronomo Agostino Gallo che nel celebrare il Cisiolo, spiegava come “gli alquanto dolci” vini della zona restassero piccanti per più mesi diventando ancor più buoni dopo un anno in botte. Dai termini e le descrizioni utilizzate nelle diverse pubblicazioni, si evince come già nei secoli precedenti, parte della tradizione enologica del Franciacorta presentasse vini frizzanti, mossi o per utilizzare la parola scelta da Conforti, “mordaci”. Nello specifico, l’autore identifica la spumantificazione ante litteram nella fermentazione controllata finalizzata a preservare la scoria leggera e gassosa, del mosto precedentemente bollito. Analizzando poi gli appezzamenti dal catasto napoleonico del 1809, si scopre che nel territorio ci fossero oltre mille ettari di terreni dedicati alle viticolture “mordaci”, ed altrettanti per i vigneti promiscui.


Il Franciacorta nel Novecento
Nel Novecento, l’affezione verso l’enologia nei collinari paesaggi agricoli continuerà ad evolversi trovando fino all’avvento dell’oramai leggendario “Pinot di Franciacorta” di Franco Ziliani (Cantina Berlucchi) nel 1961. La data sancisce l’inizio di una delle tre grandi fasi moderne per le terre franciacortine che nemmeno un decennio dopo, vedranno i titolari delle cantine più dedite all’innovazione, viaggiare in Francia per approfondire tecniche, segreti e conoscenza dei metodi Chamat e Champenoise classico. È l’inizio di un nuovo e più consapevole corso produttivo in cui l’affinamento delle bollicine spontanee, avviene nel pieno rispetto di processi codificati. Nel 1995, Franciacorta diventa il primo territorio e vino italiano prodotto con il metodo della rifermentazione in bottiglia, ad ottenere la denominazione DOCG. Nello stesso anno, il Consorzio registra il marchio Satèn; vino setoso da uve bianche Chardonnay in purezza oppure assemblate per massimo il 50 percento, con Pinot Bianco.

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