Per quanto peculiari nelle sembianze e nel processo di crescita legata allo scambio di sostanze con gli alberi, l’ingrediente nelle sue varie forme e tipologie soddisfa tutti i regimi alimentari assicurando uno spettro di sapori dalle mandorle ai tuberi, dall’anice all’aglio. E di queste tipologie il porcino - nome in botanica Boletus edilis, estetica intrigante, sapore distinguibile, consistenza soda e compatta - è tra i più pregiati e ricercati. Ricchezze della natura esaltate da abbinamenti con sedano bianco, scaglie di grana e aria di dragoncello come nel menu stellato MICHELIN I Tigli in Theoria: elegante risorsa in un palazzo vescovile del centro rinomata per “L’interpretazione di fungo Porcino”. Un piatto tributo ad un prodotto sfuggente (fresco è disponibile per pochi mesi l’anno), seducente ed indissolubilmente legato al territorio sia questo Aspromonte, Ciociaria, Etna, Mugello o Dolomiti. Area di raccolta distribuite lungo tutto la spina dorsale d’Italia ed alle basi dell’arco alpino. Tornando ad altri illustri esempi di utilizzo, Al Marco Martini di Roma l’omonimo chef li accosta a tuberi e radici; secondo Pietro d’Agostino sono ideali assieme alla sua triglia croccante avvolta nel lardo e servita con crema di broccoli. Al due stelle MICHELIN “Terra” di Sarentino, (nelle belle valli altoatesine ndr) arrivano in brodo con il BeefTea di manzo di razza grigia. L’unico limite, tra disidratazioni, polveri, gelatine, essenze e cotture varie, è la fantasia. E come tutti i grandi classici è sempre di moda nella collezioni autunnali di ristoranti tradizionali, indirizzi stellati e Bib Gourmand dove nella stagione giusta, quando le stoppe bruciano e il foliage dipinge i boschi, è quasi un sacrilegio non ordinarli con risotto e tagliatelle.
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